mercoledì 27 aprile 2011

Martirizzare i Cristiani e li crisctiani

La domenica delle Palme ho portato la mia famiglia a fare una passeggiata nei luoghi dei primi martiri della Cristianità, a Roma. Sono rimasti particolarmente colpiti da due cose:

  • quanto io possa essere molesta verso una guida e quanto la guida possa trovare stimolante la presenza di una persona che fa domande e presenta persino obiezioni;
  • quanto può essere toccante e spaventoso percorrere la strada circolare di una Chiesa enciclopedica e didascalica sui modi del martirio.

È stato così che il volto di mia madre ha visto susseguirsi espressioni di sdegno e orrore, nonché di vergogna e indignazione per i mille e uno modi di uccidere un Cristiano, ancora vivo naturalmente.

Solo per citarne alcuni:
Arso.
Arso sulla graticola.
Dissetato con piombo fuso.
Abbeverato con olio bollente.
Cotto nell'acqua bollente.
Fritto nell'olio bollente.
Fuso in metalli pesanti a loro volta fusi.
Sbranato da fiere dopo essere stato ricoperto di pelli grondanti sangue.
Tagliato a pezzi dalla forza dei rami di alberi cui veniva legato.
Gettato da un'altura.
Raschiato.
Scorticato.
E i più classici lapidato, crocifisso e crocifisso al contrario.
La decapitazione era riservata ai Cristiani romani, cui si concedeva una morte repentina e potenzialmente indolore.


Torniamo a Carosino, gemendo ancora per il dolore di quei testimoni della prima Ecclesia e ci troviamo di fronte allo spettacolo raccapricciante di un paese vicino alle elezioni e alla Pasqua: commistione quantomai inopportuna di sacro e profano, inopportuna per il sacro, opportuna (in senso di grandi opportunità di visibilità e rendenzione) per il profano.

Di fronte a scene di assoluta incoerenza e bassezza morale, ecco che viene rappresentata sulle pareti di voci e dicerie del nostro paesino la modalità preferita per uccidere “li crisctiani” (nel senso delle persone): infangarli.

Le voci girano e si arricciano pesanti e sporche sulle teste delle persone.

C'è chi prepara campagne elettorali e comizi concentrando tutto su questo strumento fangoso.
Cercando informazioni, vere o false che siano, per gettare fango sull'altrui reputazione.

C'è chi la propria reputazione infangata cerca di lavarsela, frequentando certe persone e certi luoghi.

C'è chi toglie il fango dalla persona che fino a qualche mese fa aveva egli stesso infangato per poi conservarla e rovesciarla sul capo di un nuovo o vecchio nemico politico.

C'è chi, più o meno inconsapevolmente, si fa strumento di questo piccolo martirio, e lava, e sporca, e terge, e getta naturalmente fango.

C'è chi usa il fango sugli altri per apparire più pulito.

C'è chi infanga chi ama e chi infanga il fango.

C'è chi fa statue di fango.

C'è chi fa parole di fango.

C'è chi nel fango ha rialzato altre persone dopo esserci caduto, come dice la celebre frase di una nota canzone di un conosciuto film che ha provocato un “infangamento a tempo determinato”.

C'è chi il fango l'ha visto colare addosso per poi essersene liberato e messo sull'altare, ma che a quel fango non rinuncia per identità da porco, per abbellire i suoi social network, per martirizzare amici, ex amici, ex e conoscenti.

C'è chi il fango lo usa come unico strumento elettorale e c'è chi subirà questo fango.

C'è chi vedrà tra qualche settimana volare fango ovunque e ricoprire l'intero paese in ogni suo angolo, anche in quelli coperti da tetti, volte e cappelloni, sottoforma di voci sussurrate, di sguardi torvi e di posti riservati.


E poi c'è chi si è accorto del fango e lo schifa.

C'è chi in questi circuiti ci entrerà perché ogni crisctiano a Carosino può essere infanganto, anche se testimone solo di onestà e verità, perché troppo libero di dire le cose come stanno, di smarcherare facce di fango, di non aver paura nonostante gli avvertimenti.

C'è chi s'indigna e si rattrista per come sia facile per i Carosinesi usare il fango indiscriminatamente, ignorando che la reputazione, la dignità e l'onore di una persona siano elementi fondamentali per poter affrontare serenamente la vita quotidiana.

C'è chi prova sdegno e orrore, nonché vergogna e indignazione per il modo carosinese di uccidere la reputazione di un altro Carosinese, ancora moralmente vivo naturalmente.

C'è chi pensa che non sia il fango a dover far vincere le elezioni o un posto in prima fila nella mente dei paesani.


Ma il Carosinese se ne frega e usa il fango, arma facile ed efficace, per guidare le menti dei non-infanganti (almeno così crede) e dirigerle nella propria direzione.


I Romani usavano mille e uno modi per martirizzare i primi Cristiani.
I Carosinesi sono affezionati ad un solo modo per martirizzare li crisctiani, ma lo usano con la stessa crudeltà.


Prepariamoci alle piogge di fango.
Le elezioni si avvicinano.



FOTO © ho visto nina volare - Flickr

2 commenti:

Francesco Piccinni ha detto...

Innzitutto sei bravissima, Sabi. Il fango è l'arma meglio reperibile dalla gente. Facile da trovare. Efficace. Con effetti deterrenti verso altri potenziali infangati e a beneficio degli infangatori. Non mi stupisce l'uso diffuso. Mi stupisco, favorevolmente, delle persone che, come te, non si arrendono alla evidenza di un oceano di fango e lavorano nel loro piccolo per garantirsi sempre la presenza di uno specchio d'acqua pulita e fresca, dove potersi abbeverare e liberare dalla melma. Complimenti Sabi.

SdR ha detto...

Ti ringrazio Francesco.
La verità è che non ho alcun merito: non potrei fare a meno di esprimere quello che penso. :-)
Chissà se qualcun'altro non si senta più forte per dire anche la sua, per smettere di avere paura.

(Dietro al fango c'è il terrore)

Grazie ancora!