domenica 4 dicembre 2011

Treni(CentroNord)Italia


Salgo di corsa sulla mia carrozza. Naturalmente ho sbagliato lato. Che fortuna!
Percorro il corridoio tra le due file di posti disposti convivialmente in gruppi da quattro.
Arrivo al mio posto, vicino alla porta opposta della carrozza.
Porta scorrevole con tasto inutile, giacché una magnifica fotocellula la farebbe aprire all'avvicinarsi di ogni mosca, se ci fosse. Ma qui mosche non ce ne sono. Il treno è lindo e ha un odore gradevole. Le sedute ben imbottite sono integre e pulite. Le tappezzerie non sanno di vecchio e polveroso, anzi.
Sul tavolino che divide le coppie di sedili, il mensile di Trenitalia. Scopro che è possibile accedere gratuitamente alla rete wi-fi, "Ma che meraviglia! Peccato che questo treno mi porterà a Firenze in poco più di un'ora e non ho il tempo di cazzeggiare su internet. Devo prepararmi all'intervista!"
Ma la rivista mi rassicura sul fatto che potrò usare l'accesso illimitatamente per le 24 ore successive alla prima autenticazione.

Salgo di corsa sulla mia carrozza. Naturalmente anche stavolta ho sbagliato lato. Che culo!
Percorro nuovamente il corridoio, abbastanza largo da essere attraversato da me e da un'altra persona. Stavolta non ho voglia di aspettare il passaggio di tutti: ho fretta, sono stanca, voglio sedermi.
Arrivo al mio posto, di nuovo vicino alla porta opposta della carrozza.
Posta scorrevole stavolta rotta: non si richiude da sè, devo accompagnarla ogni volta con la mano per evitare l'aria gelida che viene dall'area al di là della porta. Eppure anche questo è un Eurostar super-mega-figo-e-veloce!!! "Sarà che stiamo andando verso Sud" ho pensato per un attimo, pensiero seguito da un immediato biasimo della mia coscienza benpensante: "ma nooo, che dici!".
Mi siedo distrutta, gambe a pezzi e piedi sfatti. Non devo comprarli più gli stivali a 7 euro e le calze a 50 centesimi, o almeno dovrei evitare di abbinarli! Anche le braccia sono a pezzi, per il peso di portare il computer, le scartoffie e tutto il  resto a braccio. Ma sono costretta ad usarle per richiudere le ante della porta scorrevole che, ad ogni passaggio, si aprono e non si richiudono più, con annesso spiffero gelido.
Con i nervi a fior di pelle, mi metto a sfogliare svogliatamente la rivista di Trenitalia.

Devo essere sincera: dopo qualche pagina avevo il sorriso sul volto, per l'idea, secondo me poco opportuna dal punto di vista della comunicazione, di porre di seguito una doppia pagina di pubblicità sul nuovo Executive di Trenitalia (con tanto di schienale imbottito e reclinabile, poggiaGAMBE regolabile, sala meeting con schermi e collegamenti Mac e ovviamente pasti al posto) accanto alla promozione delle tariffe Mini con tanto di valigia mal appiccicata su fondo panoramico di piazza Duomo di Milano, ovviamente, con tanto di finti adesivi delle destinazioni mal photoshoppati. Scopro poi su FSNews che le classi di viaggio saranno presto cancellate. "Ah", penso, "Finalmente!". Mi tocca scocciarmi a sufficienza per arrivare a sfogliare la rivista dal fondo per scoprire il meglio che il mensile ha da offrire.
Anzichè la prima e la seconda classe ci saranno quattro livelli di servizio: standard (cioè l'economico), premium (???), business (dove gli spazi sono normali e la gente non viaggia come bestiame -e già mi viene da aggiungere aggettivi accanto al sopra-menzionato "economico"- e poi???) e il famoso executive di cui si parlava prima (un ufficio in treno). Solo su Frecciarossa. E i Frecciarossa, si sa, sono limitati ad alcune zone specifiche, quelle "sviluppate" e su cui si punta per lo sviluppo...
Certo, perché basta sfogliare a ritroso qualche pagina per trovarsi di fronte a questa emblematica illustrazione relativa alle Frecce ad Alta Velocità: il fatto che l'Italia sia divisa in tre parti è evidentissimo. L'Italia va a diverse velocità, e pare proprio che Trenitalia contribuisca a rendere esponenziale il differenziale di accelerazione tra le diverse zone d'Italia.

Da Roma al Nord-Ovest: 276 collegamenti, di cui 186 Frecciarossa, di cui 32 no-stop per Milano.
Da Roma al Nord-Est: 212 collegamenti, di cui 90 Frecciarossa (ma solo fino a Bologna) e 2 Frecciargento no-stop per Padova.
Da Roma a Napoli: 44 collegamenti, di cui 40 Frecciarossa.
Da Napoli al Sud-Ovest: 12 collegamenti, di cui 8 Frecciarossa (ma solo fino a Salerno).
Da Roma al Sud-Est: 16 collegamenti, di cui 0 Frecciarossa.
Le isole non sono contemplate.

Mappa aggiornata a maggio 2011: ci tengo a sottolinearlo anche io perché ultimamente Trenitalia ha deciso di ridurre il numero di molti collegamenti verso il Sud e, in particolare, di eliminare le cosiddette "corse socialmente utili", perché non hanno un buon margine di profitto*.
Parliamo non solo di eliminazione di servizi, di corse notturne e collegamenti diurni, ma anche di eventuali licenziamenti. E pare che l'attuale management abbia deciso di spostare gli investimenti dall'Italia verso la Francia. Giustamente Trenitalia investe in Francia.

Mi si dirà: ma è un'impresa privata ed è ovvio che sia il profitto privato il criterio portante di ogni decisione. Non è più un'impresa statale.Vero.
E' vero anche che lo Stato Italiano, cioè noi, cioè anche io, cioè anche chi sta leggendo, ha una forte partecipazione azionaria anche dopo la privatizzazione. Tant'è che i finanziamenti statali rendono possibili gran parte delle scelte delle strategie economiche di Trenitalia.
Mi viene, però, da pensare che essendo una impresa di servizi di pubblica utilità, in una situazione di monopolio di fatto, avrà delle RESPONSABILITÁ nei confronti della popolazione italiana.

Chiudo la rivista e mi collego al fantastico mondo del wi-fi di Frecciarossa di Trenitalia, per andare proprio a fare qualche verifica.
Che meraviglia leggere subito "FERROVIE DELLO STATO": penso che qualcosa vorrà dire...
Nella sezione "Missione e strategia"** leggo:
"La missione | Con i nostri servizi e gli interventi di potenziamento della rete contribuiamo allo sviluppo di un grande progetto di mobilità e di logistica per il Paese e alla sua crescita economica, sociale e culturale."
Alla luce di quanto visto sopra, forse andrebbe corretto in "sviluppo per il Nord del Paese"?
Leggo più in basso, sotto il punto "Strategia | Nuovi servizi Alta Velocità/Alta Capacità":
"Da dicembre 2009, con l’attivazione dei tratti Firenze-Bologna e Milano-Novara, è stato completato e aperto all’esercizio commerciale il nuove asse AV/AC Torino – Salerno. I mille chilometri della “metropolitana veloce d’Italia” collegano i principali centri del Paese con tempi di viaggio concorrenziali rispetto all’aereo e all’auto. E accorciando le distanze, cambiano il modo di vivere degli italiani. degli italiani."

Eh sì, l'hann scritto minuscolo ma l'hann voluto ripetere due volte!!! Eppure l'Italia mica finisce a Salerno? O Trenitalia come il Gesù Cristo di Carlo Levi, oltre Eboli non riesce ad andarci? O forse il Mezzogiorno non è Italia? Non siamo Italiani?

Vogliamo parlare del profondo Sud e delle Isole?
Io sono originaria della provincia di Taranto. Una mia amica ha fatto questo rapido e significativo calcolo:
"Queste sono le proposte di Trenitalia per chi deve viaggiare da Grottaglie a Roma (Km 513). Durata media del viaggio 9 ore e 30 minuti. Costo medio in 2° classe 60,00 €."
Il famoso sgarrupato sporco disumano e ignobile notturno da Roma a Lecce/Messina è stato ridotto ad una corsa il venerdì sera verso il Sud e una la domenica sera verso il Centro. A parte che quel treno, nelle sue condizioni vergognose, assicurava un collegamento sicuro tra il Centro-Italia e gran parte del Mezzogiorno, ora negato, ma vogliamo parlare della scelta dei giorni?
Al Sud, cari Italiani e care Italiane, ci si va solo per il weekend, per andare a trovare i parenti lontani o per le vacanze. E' escluso che ci si vada per lavorare, in settimana, concetto esattamente in linea con l'idea di sviluppo dichiarata da Trenitalia sul suo sito istituzionale e sulla sua patinata rivista in carta non riciclata e non riciclabile.
E indigesta anche per me.
Per me che a Taranto ci ritornavo per crearmi delle opportunità di lavoro, per un'idea di sviluppo che forse è in controtendenza... ed essendo stra-precaria, non avevo altra scelta  che il notturno per la sua economicità e perché mi evitava di chiedere ore o giorni di permesso di cui, da precaria, naturalmente non ho il diritto.

Chiamo il controllore esausta.
"Senta, questa porta non funziona. Gentilmente faccia qualcosa"
"Ma la porta si apre"
"Le ho detto che non funziona: evidentemente non si chiude"
"Vediamo..."
La porta di apre e poi, ovviamente, non si richiude.
Dall'altra parte della porta, vicino ai bagni, qualcuno grida "Ma poi alla fine di richiude da sé".
M'inalbero.
"Senta, che motivazione avrei io per dire delle falsità?! Sono 30 minuti che chiudo questa cavolo di porta facendo leva con le braccia. Mi sarei stancata!!! E con quest'aria gelida rischio di ammalarmi. Vogliamo mantenere lo standard di servizio? O aspettiamo altri 10 minuti per verificare che non sto inventando per la voglia di inventare?"
Il controllore mi guarda male. Forse ho esagerato, d'altronde veste Trenitalia, ma non è Trenitalia...
Blocca la porta.

Aggiungo solo che per il resto del viaggio mi toccherà continuare a richiudere le porte a braccio perché chi esce le apre a mano, ma non le richiude alle sue spalle. Egoisticamente e superficialmente.

Torno a sedere.
La pagina ancora aperta sul sito di Trenitalia.
La chiudo.
Apro Facebook e scrivo:
"Ma che meraviglia gli Eurostar Frecciarossa di Trenitalia, con posti spaziosi, lindi e comodi, con la temperatura giusta, con la luce confortevole, coi tempi adeguati e con tanto di wi-fi AGGRATIS!!! Peccato che arrivino a Napoli, MASSIMO! Peccato, poi, che da Napoli in giù ti vendono anche i biglietti senza posto assicurato e viaggi 6 ore in piedi per percorrenze identiche. Peccato, poi, che da Napoli in giù il numero dei convogli sia sette volte inferiore... Peccato che per Trenitalia, l'Italia finisca al confine con il Mezzogiorno. Tanto vale chiamarla TreniCentroNorditalia, almeno non ci si prende in giro."
E poi apro questo post.



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*http://bari.repubblica.it/cronaca/2011/11/13/news/puglia_sempre_pi_isolata_trenitalia_tagli_a_sette_corse-24923498/
**http://www.fsitaliane.it/cms/v/index.jsp?vgnextoid=69cae6155d5ba110VgnVCM1000003f16f90aRCRD

martedì 29 novembre 2011

Ispirazioni fisiologiche

Mentre facevo pipì nel bagno dell'ufficio mi sono accorta che, nascosto in fondo all'ultimo degli scaffali di un vecchio mobiletto da bagno in legno intarlato c'era un libro. Copertina senza titolo e autore in tessuto azzurrino smorto e polveroso, talmente esposta all'umidità dell'ambiente da essersi piegata a ventaglio. Il bordo esterno delle pagine dinamicamente mosso in onde e macchie, ben evidenti nonostante l'ingiallimento della carta.
Come potevo resistere?
Supportata dalla buona diuresi che mi assicura l'acqua di fonte, mi son messa a sfogliarlo, saltando accuratamente la pagina che avrebbe identificato il testo. Mi son trovata subito catapultata in un mondo di piacevoli spunti che, ho pensato, non potevo non condividere con il mondo. Almeno quella parte che conosco, che aprirà il mio blog, che arriverà fino a questa riga.

Così ho deciso di spartire con altri più o meno (s)conosciuti queste ISPIRAZIONI FISIOLOGICHE.

PS. Naturalmente vi chiedo di non "svelare l'assassino" a me e a chi come me non l'ha letto e non ha voluto fare immediatamente copia/incolla su Google per cercare la fonte. Chi avesse già letto il libro si goda di nuovo queste brevi citazioni coincidenti con le mie evacuazioni.Gli altri lo esplorino con me. In bagno.






30 novembre 2011                      
E' stato calcolato che il peso delle formiche esistenti sulla terra è pari a venti milioni di volte quello di tutti i vertebrati. | Amos Pelicorti detto il Mirmidone


09 dicembre 2011                      
Era un popolo strano e sfortunato: il benessere li aveva privati di tutto. | Libro del Grande Bastardo, pag.12

14 dicembre 2011                      
Signòancoggitaddiciamaggrazie pequestecibekeciconciède alpostodigenitornòstredicuifumm pervolertuoprivàtecosissia pequestetuecibebbenedètte Cristancoggitarringrazziàmm... | Don Biffero

lunedì 14 novembre 2011

Il SEL, Monti e le "minoranze"

Premetto e ricordo che Sinistra Ecologia e Libertà, oggi data all'8% nelle proiezioni di voto, con un calo dello 0.2% *,  non ha rappresentanti in Parlamento. Tuttavia il partito si è espresso ugualmente dando il suo appoggio al Governo Monti ma ponendo delle condizioni.
Verrebbe da sorridere, giacché la forza negoziale di SEL, viste le premesse, è evidentemente molto bassa, se non aprisse a delle importanti riflessioni sulla capacità giustamente richiesta ad un Governo, e in questo caso all'attuale Governo Monti, di comunicare con le "minoranze" (in questo caso in termini di voti e rappresentanze nelle Istituzioni centrali), di integrare tra le proprie preoccupazioni anche le "loro" e di comprendere l'importanza di cercare delle soluzioni condivise.

Ma vediamo come e se vengono intercettate le istanze dei piccoli gruppi, delle voci senza megafoni, delle parole senza grandi testate giornalistiche alle spalle. E poi traiamone spunto per nuove riflessioni, facciamoci domande: Monti ascolterà l'Italia, tutta? o solo l'Europa? Il bene del Belpaese coincide con quello dell'Europa? o con quello che l'Europa pensa sia il nostro bene? Un Governo tecnico di "europeisti" sa quello che è meglio per l'Italia? Mentre i nostri politici no?! ...facciamoci delle domande...


10 novembre 2011                                    
SEL: MONTI A 4 CONDIZIONI **
Sinistra ecologia e libertà, messa anche sotto pressione del Pd, non ha chiuso a un'ipotesi di esecutivo a guida Monti, ma ha messo nero su bianco quattro paletti precisi.
Primonessuna «ipoteca berlusconiana» sui nomi.
Secondo, una patrimoniale.
Terzotempi brevi che preludano, ed è la quarta condizione, a elezioni presto.

14 novembre 2011                                    
DIRETTA NO-STOP ***
Il professore in conferenza stampa: "Governo aperto alla politica ma capirei il rifiuto".
E LA PRIMA CONDIZIONE MI SEMBRA GIA' IN BILICO.
"Conclusione naturale sarà nel 2013".
E LE CONDIZIONI TERZA E QUARTA CROLLANO.
Vedremo come si evolverà la situazione nei prossimi giorni...

27 novembre 2011                                   
E con la patrimoniale "leggera"****, ovvero una finta patrimoniale, potremmo dire integrata "LEGGERMENTE" (o fintamente?) la SECONDA DELLE CONDIZIONI del SEL.





Roma - Fine della manifestazione di SEL "Ora tocca a noi"
01 Ottobre 2011 © Sabina De Rosis



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* Fonte: TG La7
** http://www.unita.it/italia/monti-i-si-e-i-no-dei-partiti-di-opposizione-scheda-1.351080
*** http://www.repubblica.it/politica/2011/11/14/dirette/monti_al_via_le_consultazioni_i_mercati_finanziari_asiatici_festeggiano_il_premier_incaricato-24969649/?ref=HREA-1
**** http://www.corriere.it/economia/11_novembre_25/sensini-autority-conti-pubblici_b281dd7a-172e-11e1-8448-ba9de42f6fce.shtml



domenica 13 novembre 2011

OSSIMORI italiani

Illustrazione di aeneastudio  Alcuni diritti riservati
Tenersi stretta la Borsa per salvarsi la vita.



Riaperto il Parlamento della Padania.


Cicchitto: "Su Monti nessun consenso dato al buio, ma atteggiamento costruttivo"

I politici: vogliamo un Governo tecnico. Il tecnico Monti: voglio i politici nel Governo.

Toto Ministri del Governo Monti: il nuovo che avanza!


Berlusconi: "Mettere alle spalle ogni faziosità".

Gelmini: "Benigni dà una cattiva immagine del Paese"

Toto Ministri Governo Monti (anche conosciuto come Governo Italiano): figure di spicco nelle Istituzioni Europee.

Berlusconi: "Liberiamo il Paese dalle incrostazioni ideologiche".

Monti: "Senso di emergenza per affrontare la situazione grave" ..."Ma che bella giornata!".

Governo non politico, governo solo tecnico... scelto dall'Europa.

Bossi: "non ci piace l'ammucchiata".

Napolitano: "Nuovo Capo del Governo Italiano una persona molto stimata in Europa".

Il centro-sinistra festeggia senza sconfiggere lo schieramento vincente (anche conosciuto come maggioranza).

Il rettore della Cattolica ministro della Pubblica Istruzione.

Berlusconi: "atto di responsabilità".

Onorevole Scilipoti.

Il rettore della Bocconi dice "basta ai privilegi!".

Il centro-sinistra festeggia il fatto che Berlusconi lasci, anche se mai sfiduciato.

Napolitano: "Nessun ribaltamento del voto 2008" e in piazza si festeggia.

Agire per il bene del Paese. Attuare quanto chiesto dall'Europa.

SEL dice sì a Governo Monti ma mette condizioni.

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Illustrazione di aeneastudio  Alcuni diritti riservati

lunedì 7 novembre 2011

Come la fisica ci spiega la DINAMICA dei politici italiani | aka #vivalafuga


Di fronte al fenomeno così repentino ed evidente dello spostamento di "CORPI POLITICI" da destra al centro, dal centro a sinistra, da sinistra al centro, che pare scimmiottare il familiare giuoco delle tre carte, si può essere colti da stupore. Può far nascere qualche perplessità l'ACCELERAZIONE improvvisa che questi corpi politici hanno subìto nei loro moti.
Ma la fisica ci aiuta a chiarire ogni dubbio.
La scienza ci corre in soccorso spiegandoci le leggi e i principi che regolano il moto di questi corpi.

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Ecco a voi LA DINAMICA (semplificata)
DELLA POLITICA ITALIANA

I _ Principio di INERZIA
Se NESSUNA FORZA agisce su di essi, i corpi politici restano FERMI o continuano nel loro MOTO RETTILINEO UNIFORME (da destra al centro, dal centro a sinistra, da sinistra al centro e via dicendo).

II _ Principio di CONSERVAZIONE
Un punto materiale (cioè un corpo politico di dimensioni TRASCURABILI rispetto al SISTEMA di riferimento), al quale sia applicata una FORZA, varia la quantità di MOTO in misura PROPORZIONALE alla forza, e lungo la DIREZIONE della stessa.

Da cui la LEGGE di CONSERVAZIONE
La quantità di MOTO di un sistema ISOLATO è COSTANTE nel tempo.

III __ Principio di AZIONE e REAZIONE
 "Ad ogni AZIONE prodotta su un corpo politico corrisponde SEMPRE una REAZIONE su un ALTRO CORPO UGUALE E CONTRARIA, in un SISTEMA INERZIALE"
 [definizione di Newton]

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La fisica spiega chiaramente e senza bisogno di ulteriori commenti, il moto dei politici e le leggi che lo regolano. Attenzione però! Principi e leggi sono validi in un SISTEMA INERZIALE, per il quale è utile spendere due parole illuminanti.

Nel sistema INERZIALE si manifestano SOLO interazioni tra corpi (i POLITICI) dette anche "forze REALI" (la CASTA?).
Le forze APPARENTI, invece, non provenendo dai corpi (i POLITICI) poiché NON sono RECIPROCHE e non sono imputate al sistema di riferimento (INERZIALE). Esse non sono reali solo nel senso che NON SONO ASSOLUTE e NON NEL SENSO DI ININFLUENTI sui corpi (i POLITICI) quando PRESENTI.

La fisica ci spiega il MOTO dei politici e le leggi che lo regolano.
E ci spiega anche, seppur "sottilmente", come MUTARLO.




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Grazie al libro di testo C. Mencuccini, V. Silvestrini, Fisica 1. Napoli, Liguori Editore, 2006 e agli appunti di fisica.
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http://twitter.com/#!/SingolarCollett
http://www.facebook.com/note.php?saved&&note_id=10150446906245086

mercoledì 31 agosto 2011

Lettera d'amore


LASPRO | anno II n.5
gen/feb 2010
Addormentarmi con te è stato così facile ieri.
Davvero, non lo immaginavo...
Non l'ho immaginato nemmeno quando mi hanno tessuto le tue lodi, descrivendo il modo silenzioso e rassicurante col quale sai far compagnia.
Soprattutto Marco e Marco. Quanto spesso si saranno ritrovati ad addormentarsi abbracciati con te? Ed io che li prendevo in giro... a volte mi permettevo anche di fare del facile e gretto moralismo. È capitato perfino che mi scandalizzassi!
Lei non vi renderà felice.Vi farà del male. Ma non vi accorgete di come vi state riducendo?!”
E non avevo tutti i torti, tu lo sai. Certo che lo sai! Tu non dai felicità, mia cara, non è questo ciò che sai fare. Tu forse togli tristezza e riempi solitudini, forse. Ma dura poco.
La tua è una terapia blanda e illusoria. Un placebo. Ma quant'è dolce la tua illusione...
Soprattutto quando vieni a far compagnia la notte nelle stanze vuote e vissute come la mia.
Dura finché dura. Al mattino, puntualmente, ci si sveglia e tu non ci sei. Al posto tuo il vuoto che si pensava di aver colmato e una grossa confusione in testa. E nelle fauci, anziché il tuo sapore, resta solo qualcosa di aspro, come una mancanza. Una nuova mancanza. É voglia di te.
Sì, voglia di un'altra notte con te.
Cazzo, sono le undici del mattino, sono sveglia da poco meno di quattro ore e sto già immaginando, anzi pregustando il nostro prossimo incontro. Non sono cotta, non spaventarti.
Tu seduta ai piedi del letto, mentre io, ancora spossata, mi ci sto riposando, sdraiata e in pace col mondo. Ogni tanto allungo il braccio. Mi basta anche solo il semplice contatto fisico per sentirmi meglio. Accarezzarti il collo nudo e sentire i brividi del contatto tra la mia pelle calda e la tua, fredda e ancora imperlata di gocce, mentre dentro ancora fremi. Mi basta toccarti un po' di più e lo sento... fremi.
E allora mi piace sporgermi verso di te, prenderti e appoggiare le mie labbra sulle tue. E riempirmi di te la bocca e i pensieri, cancellando il resto.
Anche se è solo un attimo.
Certo, perché l'attimo seguente la mia voce ti parla ancora di lui, del suo affetto fraterno, della nostra relazione “di base” e del nostro amore, che ora per lui è solo qualcosa di collaterale, aggiuntivo, marginale.
“Tanto siamo stati qualsiasi cosa noi...”
diceva e le mie parole fanno eco dentro di te, che in rispettoso silenzio mi ascolti. Anzi, fai di più. Ti svuoti di te e ti riempi di me, delle mie ansie, delle mie sofferenze, delle mie seghe mentali.
È per questo che prima di gettarti ti richiudo. Perché i miei mali restino tutti dentro te, come fossi un vaso di Pandora.
Invece sei solo la mia quinta birra.



sabato 27 agosto 2011

Parte la raccolta firme per la tutela dei Comignoli Arbereshe di Carosino (TA)

Eravamo davanti allo stadio di Carosino, seduti davanti ad un cocktail, quando un ragazzo mi iscrisse all'Estate Azzurra, nella squadra del mio rione: i Pipitari.
Non lo conoscevo, ignoravo il significato del suo nome, non capivo il suo colore, né sapevo che il suo simbolo fosse la riproduzione di qualcosa di esistente e vero, ma quando mi fu consegnata la mia maglietta qualcosa si mosse dentro di me.
Fu così che scoprii una parte della storia del mio paesello, legata alla presenza di genti provenienti dall'altra parte del mare. Non lo Jonio, ma l'Adriatico! Genti skipatare, albanesi, macedoni, greche, che hanno portato nella loro valigia tradizioni, lingua, religione, gusto architettonico e tecniche costruttive.
Fu una lunga convivenza, una perfetta integrazione, fino all'avvento di un Cristianesimo soffocante che, per sradicare il credo ortodosso, piano piano portò via lingua e tradizioni.

Cosa è rimasto di tutta questa ricchezza a Carosino?
Di visibile ci sono due comignoli, che tanto fanno pensare a quelli Arbereshe della vicina San Marzano di San Giuseppe. Due beni che raccontano una e tante storie, raccontano l'origine del nome stesso di Carosino, raccontano valori e mutamenti. Due beni che crediamo debbano essere ufficialmente considerati di interesse non solo architettonico, ma anche storico e culturale.

Per questo è partita una raccolta firme per sensibilizzare la Pubblica Amministrazione, le Istituzioni interessate e la comunità carosinese sul tema della tutela di beni di interesse architettonico, culturale e storico della "Arberia Tarantina" a rischio: rischio oblio, abbandono e perdita fisica.
Si tratta di una iniziativa promossa dalla sottoscritta, da Biagio Lieti e Alessandro De Rosis, quali Carosinesi e Pipitari, cioè abitanti del rione carosinese di "origine arbereshe".

L’appello viene rivolto agli Enti Locali nella convinzione che sia d'interesse collettivo mantenere, tutelare e valorizzare quegli elementi materiali e immateriali che possono contribuire alla consapevolezza della propria storia ed identità, e all’affermazione di valori quali la cultura, l'arte, l'architettura, la storia, il folklore, ma anche l'integrazione, l'accoglienza e la valorizzazione delle diversità (temi legati alla presenza storica di comunità di altre provenienze nel tessuto sociale di Carosino).

Di seguito il testo della petizione: FIRMATE!
http://www.petizionionline.it/petizione/tutela-comignoli-arbereshe-skipatari-di-carosino-ta/4629

domenica 21 agosto 2011

Chiuso per ferie - piuttosto muori


Pare che la settimana di ferragosto l'unica esigenza vitale sia la vacanza.
Gli altri bisogni, fino a pochi giorni prima ancora in testa alla piramide di Maslow, crollano inesorabilmente in fondo alla classifica dimenticati dal sistema e dai singoli individui.

Non mi riferisco a qualcosa di rinunciabile, come un taglio dal barbiere o il ritocco del gel sulle unghie dei piedi, come saggiamente suggerito dall'articolo della Merone sul Corriere del Mezzogiorno di ieri.
Non mi sto riferendo nemmeno alla scomparsa di quei mediatori tra Istituzioni e società che sono, per esempio, i partiti, le cui sedi in certi contesti locali restano serrati a farsi scottare dal sole...
[questo per chi aveva ancora l'illusione che i partiti potessero essere un punto di riferimento per l'individuo che tra i suoi adepti dovrebbe cercare un suo rappresentante... e vabbeh!]
Penso a servizi essenziali, irrinunciabili, da garantire davvero 24 ore su 24 e 365 giorni l'anno.

Succede così che per avere una visita specialistica d'urgenza, una persona possa ritrovarsi a chiamare tutti i medici specialisti di sua conoscenza, quelli di conoscenza dei conoscenti, i centri specializzati conosciuti e quelli sconosciuti, i centri non specializzati, gli ospedali e le cliniche, per ritrovarsi di fronte ad una di queste situazioni:
  1. centralinista incazzato/a per la pretesa di esser visitata d'urgenza;
  2. centralinista relativamente cordiale che ti fissa un appuntamento per metà settembre, data l'urgenza!
  3. centralinista che ti rivela con un po' di vergogna che gli specialisti sono in ferie da una settimana e che torneranno tra fine mese e inizio del successivo, per cui sarebbe meglio richiamare più in là;
  4. telefoni che squillano a vuoto;
  5. telefonini spenti;
  6. specialisti che ti rispondono dicendoti di richiamare a settembre 'che anche loro hanno il diritto di stare in ferie;
  7. specialisti che ti rispondono dicendoti di andare al pronto soccorso.
Succede così che, armata di santa pazienza e consapevole già di quello che accadrà, ci si rechi davvero al pronto soccorso dell'ospedale più vicino, come "ultima spiaggia" possibile.
Attesa zero, assistenti, infermieri e medici sonnecchianti nel caldo nulla pugliese.
Accettazione da cinepanettone, con te che ti tieni la parte dolente e l'altra persona che ti parla in dialetto e la vorresti uccidere perché in quel momento non stai capendo nulla e ti sembra arabo e continui a dire "eh?" per un tempo indefinito.
Visita nell'ambulatorio che ti sembra una sana presa per il culo, con il medico di turno che ti tasta senza entusiasmo qua e là, per poi dirti che potrebbe essere questo questo o quest'altro e ti prescrive un farmaco per ognuna di queste cose, giusto per non escludere nulla, e che dice che è anche il caldo e di bere tanto e che ora ti fa una puntura di calmante così non senti più nulla e dormi tranquilla la notte e chi s'è visto s'è visto.

Succede che esci con un sorriso amaro, a parlare con le tue paure e con la tua vita, a chiederti chi te l'ha fatta fare e a suggerirti di mandare in ferie anche la tua salute. 'Che le ferie sono molto più importanti, scherzi?

Fino a dirsi a denti stretti: "Io non rinuncio alle ferie, piuttosto muoio."


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PS. A meno che tu non sia Vasco Rossi, e allora tutto questo NON succede.
Per l'immagine AttribuzioneNon opere derivate alcuni diritti riservati a peppe1987

giovedì 28 luglio 2011

La stupidità deriva dall'avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall'avere, per ogni cosa, una domanda. [Milan Kundera]

"Che vuoi che capiscano quelli?
Quelli là al massimo gli danno fuoco, 'che le cose non se le sanno tenere, non lo capirebbero!"

E pensare che a pronunciare queste parole sono personaggi che fino a ieri facevano parte della stessa massa indistinta di persone che oggi chiamano cittadinanza, popolazione... se non gente o quelli.
Sì, una massa indistinta dalle connotazioni alquanto oscure e negative.
Rozzi e incivili.
Vigliacchi e limitati.
Gente da responsabilizzare ed educare
(quindi irresponsabile e ignorante).
Gente che parla "tanto per".
Gente che non sa.
Gente che non capisce.
Stupidi.

"E che ne vogliono sapere quelli?
Le persone a te dicono una cosa, a me un'altra, tanto per parlare!
La gente ti manda avanti perché è vile.
E poi, che ne capiscono?"

Ah, beh, niente.
Non ne capiamo nulla noi.
Sempre un noi indistinto, fumoso, ma comunque buono a nulla.
Un noi che può essere anche preso in giro, tanto non abbonda in intelligenza.
Un noi da cui, però, emergono delle teste pensanti a volte.
Delle teste partorienti idee.

Mentre le idee vanno carpite, acchiappate, messe sotto-chiave e poi fatte riemergere come proprie in altri momenti, quelli opportuni, ...le teste vanno evitate, ricacciate nel mucchio, perché pericolosamente critiche e brillanti.
Anzi, no.
Pericolose perché piene di pregiudizi, perché non asservite, perché non abituate a difendere ad ogni costo, a farsi ariete, a farsi muro, a farsi avvocato di una classe politica e di amministratori pubblici sorda e lontana, e che appare sempre più piccola e piena di sé.


"Ma che vuoi che ne capiscano loro?"

Ma no, niente, che vuoi che ne capiamo.
Io per prima, per esempio, non capisco molte cose...

Ed è per questo che MI FACCIO MOLTE DOMANDE.

domenica 3 luglio 2011

Il Paese del fare... o del disfare?!

Non era questo il Governo del fare?
Del fare e del fare bene!

Ma cosa?!
E a chi?!

Mi ha fatto riflettere l'sms di una persona cui avevo scritto che sarei partita anche io, potendo, per la Val di Susa a sostenere nelle mie possibilità la cittadinanza in rivolta. La risposta non è stata di stima, né di rassegnazione rispetto alle potenzialità del singolo, anche se unito in difesa del bene comune. No! E' stata la risposta di un padre ad una figlia, di un professore ad un'alunna, di un esperto ad una povera illusa: la risposta di chi sa come vanno le cose e che sorride dell'ingenuità dell'interlocutore. Parafrasando:
E' una sconfitta in partenza. Maggioranza e "opposizione" non possono rischiare di perdere i finanziamenti, i soldi. Per questo la TAV si farà.
Questa certezza mi ha destabilizzata, soprattutto pensando alla fonte di questo pensiero, sedicente di sinistra-verace. Ma mi ha anche convinta, per la legge del contrappasso, della necessità di non mollare.
Certo, perché in queste due righe, dure righe, è raccolto il problema dell'Italia: un Paese gestito da persone, non solo quelle del Governo, che hanno come unico interesse quello di proteggere i proprii.
Certo, perché nelle parole "non perdere i soldi" non si riesce proprio a leggere di investimenti nello sviluppo (tra l'altro insostenibile in questo caso) di cui qualche politico parla, ma si legge di appalti e subappalti, di grandi imprese e d'influenti imprenditori, di lobby oscure e gruppi d'interesse che comandano questo Paese.
Certo, perché nelle parole "la TAV si farà" non si riesce nemmeno ad intravedere quella bugia mediatica della politica del fare per la collettività, per l'Italia, ma si vede chiaramente il progetto del "farsi", del "fare per sé" e di accollare proprio alla collettività i costi e gli svantaggi di questo fare.

E allora questo "fare" cosa diventa per la cittadinanza?
Un dis-fare, un distruggere!

L'Italia si contraddistingue proprio come Paese di politici e politicanti che parlano come si faceva nella propaganda fascista e che poi agiscono nei loro soli interessi e, anziché occuparsi delle problematiche sociali, costruendo delle soluzioni, passano direttamente alle loro politiche distruttive.
Nel caso della Libia, hanno investito in PR con le dittature e relativi accordi commerciali (a vantaggio di chi?) anziché nelle politiche di accoglienza e integrazione (sapranno che esistono?).
Assicurare la sicurezza, vuol dire per loro dirottare soldi pubblici sulle armi e le forze armate anziché finanziare l'educazione e l'istruzione, le soluzioni sociali.
Persino davanti alle emergenze naturali, tutto si militarizza grazie all'arrivo della Protezione Civile, anziché pensare di evitarle queste emergenze investendo nella ricerca, nello studio, nella programmazione e pianificazione (assetti idrici e geologici, impermeabilizzazione e deforestazione, falde, per citarne alcune).
Idem per le emergenze di gestione, come nel caso dei rifiuti: si manda l'esercito (e si pagano persone, che fanno tutt'altro nella vita, per raccogliere spazzatura da portare nelle discariche a far ammalare altra gente, altre falde, altra terra) anziché lavorare a e finanziare un sistema integrato, sostenibile e ottimale dei rifiuti, coinvolgendo enti locali e popolazione.
E chissà perché le opere di interesse strategico e nazionale (quindi importanti per ogni singolo individuo), anziché essere pensate in modo condiviso e partecipato sono anch'esse militarizzate, dopo essere state imposte: i cantieri come luoghi militari, quasi a dire gli operai con i caschi anti-sommossa.
Nel caso delle proteste, allora si distruggono i manifestanti etichettandoli, criminalizzandoli, delegittimandoli: se non sono agnellini che si fanno incaprettare, allora sono estremisti, sono black bloc, sono "dei centri sociali" (questi luoghi bruttissimi e cattivissimi e malfamatissimi e sporchissimi), sono violenti, dissidenti, terroristi, delinquenti. Senza escludere la presenza di esaltati in manifestazioni così sentite e importanti e pregne di significati e sentimenti maturati in anni ed anni di soprusi e disuguaglianze, qualcuno di questi politici che parlano senza mai essere presenti o di giornalisti che si sono dimenticati che per testimoniare dovrebbero sempre essere presenti, qualcuno di questi individui ha mai pensato che l'indignazione, la rabbia, la stanchezza possano esplodere, a lungo andare, anche in forme non pacifiche ma non meno costruttive rispetto agli interessi della collettività?

Quello che è accaduto in Val di Susa oggi ha rappresentato dal punto di vista del decidere e dell'agire delle Istituzioni questa politica del disfare, del distruggere, anche nei piccoli dettagli, in quegli eventi raccontati solo da chi li ha vissuti direttamente e che non hanno superato il filtro fitto fitto della comunicazione media italiana.
Eppure è così chiaro, così lineare... l'abisso tra il disfare e il fare.
H 08.30 : La valle è militarizzata dalle forze dell'ordine. I manifestanti iniziano a concentrarsi nei punti di raccolta previsti dagli organizzatori.
H 10.53: La polizia tenta di bloccare il corteo di Giaglione. I manifestanti non si arrendono e cercano di aggirare il blocco muovendosi tra i sentieri dei boschi.
H 12.24: La polizia continua il lancio di lacrimogeni sui manifestanti. I manifestanti continuano a resistere al grido :"La Val di Susa non si tocca".
H 14.22: La polizia attacca i manifestanti con i lacrimogeni, idranti e, pare, proiettili di gomma. La natura difende i manifestanti dai fumi: il vento dice "NO TAV" soffiando il gas contro le forze dell' ordine.
H 15.45: La polizia continua ad attaccare i manifestanti con i lacrimogeni e gli idranti. I manifestanti resistono agli idranti, spengono i lacrimogeni e fanno staffette per portare il necessario ai compagni in prima linea.
H 16.45: La polizia avanza con la ruspa. I manifestanti continuano nel loro tentativo di ricostruire il presidio.
H 17.00: Nella zona della baita scoppia un grave incendio a causa del fitto lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell'ordine. I manifestanti cercano di spegnerlo.
H 17.12: La polizia carica, lancia lacrimogeni, usa idranti. La gente non si sposta, RESISTE.
H 17.30: La guardia di Finanza e le altre forze dell'ordine rincorrono i manifestanti dentro al bosco lungo la strada per Ramat. I manifestanti fuggono. E' caccia all'uomo.
La differenza che c'è tra l'ordinare a dei lavoratori chiamati, appunto, "forze dell'ordine" di agire stando sulla difensiva, usando strumenti dissuadenti e altre tattiche militaresche cui possiamo associare innumerevoli eufemismi, e i manifestanti stanchi, indignati, rabbiosi, determinati a riprendersi il loro presidio, i fondi delle loro tende, le zanzare che hanno fatto loro compagnia in settimane, mesi e anni di protesta, la terra in cui vivono, ma soprattutto la loro decisività, la legittimazione del loro ruolo, della loro presenza, del loro potere decisionale su quello che li tocca da vicino.
La differenza tra il decidere senza nemmeno consultare, agire comunque e poi "difendersi" e chi invece decide di tutelare il proprio diritto di cittadinanza. In tutti i modi, se quelli usati fino ad ora non hanno funzionato.

La differenza che c'è tra il disfare facendo e il fare disfacendo.

Io tengo per il secondo.
Io tengo per i NoTav.
Io tengo per chi resiste.


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Fonte delle informazioni sulla manifestazione NoTAV di oggi, 3 luglio 2011:
http://twitter.com/ (#notav, nervi #saldi, #valsusa)

mercoledì 29 giugno 2011

L'Italia non mi aspetta. Io torno.

Cinque giorni in Portogallo del nord.
Cinque giorni di meraviglia.
Le madonne in azulejos, la ginjinha, la disponibilità, gli infiniti obrigado, la lingua portoghese e mille altre lingue, le vie strette, la educação informale e formale allo stesso tempo, le camminate, l'inquietudine del Bom Jesus, i muschii incrostati sui muri e sulle facciate, i gabbiani, gli incontri, il coração do Minho, il gallo, la feira e i prodotti della terra ammassati per terra accanto a galline stordite e conigli tremanti, le elezioni, i comunisti e "Bella Ciao" intonata nel mercato del villaggio, il sole cocente e le nubi improvvise, il disordine statico e l'ordine dinamico.
Infine l'oceano.
Deciso, indelicato, confidente.

Eravamo sedute su un terrazzo a poche decine di metri dall'Atlantico.
Due Italiane e un Portoghese.
Una Italiana in vacanza con le ginocchia bruciate dal sole che si fa più prepotente sull'oceano. Una vacanza da ospite. Una vacanza a dimensione di precaria. Una vacanza da ospite di una precaria.
Una Italiana, l'altra, con il petto e le spalle rosse, ma preparata, pronta, perché su entrambi, petto e spalle, fa spessore l'esperienza delle tante esperienze lontano dall'Italia.
Un Portoghese con una vita piena e complessa, che vorrebbe decollare.
Si guardava così, assieme, la distesa in(de)finita del mare e si parlava della miriade di aspetti positivi del Portogallo.
Immancabili sono arrivate le espressioni verbali di un pensiero che accarezza molti Italiani:
"Ma perché non resto qui? E se rimandassi la partenza di qualche giorno? Forse... potrei trasferirmi... potrei valorizzare le mie competenze..."
Non ci si guardava mai negli occhi, si cercava l'America con lo sguardo, nel sole che stava cominciando ad abbassarsi sull'orizzonte.
"Cos'è che non funziona nel mio Paese? Davvero io non posso niente? Davvero non posso strapparlo a chi lo umilia e lo degrada? Davvero io ho come unica soluzione alla mia vita la fuga?"
I pensieri seguivano il ritmo delle onde, arrotolandosi nella schiuma tra le valve nere.
Il Portoghese e l'Italiana in Portogallo parlavano intanto in una lingua tutta loro, di parole italiane, spagnole e portoghesi, di parole non dette, di sguardi persi.
Flussi interrotti dalle dinamiche del mio pensare urlato:
"NO! Io devo tornare. Io posso riprendermi il mio Paese. Ci hanno convinti tutti che non ne siamo capaci, che non possiamo nulla, che non siamo in grado di cambiare nulla, di costruire nulla, di decidere ed essere decisivi per nulla. In Italia la mia generazione non crede in se stessa. E' frammentata e distante, ma soprattutto insicura. Io torno... io resto perché credo in me, nella mia generazione, nelle nostra capacità e nella meraviglia del mio Paese".
Il Portoghese mi guarda con un sorriso.
"Sembravi una figheta", mi dice, "invece sei una comunista"
Poi mi spiega che in Portogallo il "comunismo" non è un'offesa come in Italia, non è pregiudizievole, non è un marchio di infamia. Comunismo vuol dire qui interesse e lotta per il popolo. Non più proletario. Nemmeno proletario. Ma instabile, insicuro, precario.
Io, sì, voglio lottare per questa gente, per la mia gente, per ognuno di questi individui, anche il peggiore. Solo in questa misura io sono comunista in Portogallo e utopista in Italia.

Assaporo con preoccupazione e sfida la differenza tra la fiducia in quello in cui credo e l'incertezza sul come questo possa guidare il mio agire: comunista in Portogallo, utopista in Italia.
"C'è ancora tanto da fare", penso
Poi mi alzo e vado in bagno a togliermi l'oceano dagli occhi.
L'Italia non mi aspetta.
Io torno.

...

domenica 26 giugno 2011

Il dire e il fare - I congresso S(e)L Carosino

Con le parole di Gramsci*, qualche giorno fa, Massimiliano Bruno Cinque ha aperto la sua mozione durante il congresso del S(e)L di Carosino, il primo, quello per la decisione sulla segreteria dello stesso.
[...] Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”
Chiamare in causa, la propria causa, un politico, pensatore, partigiano come Gramsci ha un peso. Ha un valore.
Queste parole hanno un valore.
Un valore indisponibile che esprimono, in sintesi, delle riflessioni profonde e spesso difficili, un pensiero che ha attraversato e guidato non solo la vita e le scelte di Gramsci, ma anche la storia della sinistra dell'Italia.
Sono parole pregne di senso, che significano essere in un certo modo e agire di conseguenza.

Le parole sono importanti, come urlava Nanni Moretti.
Non possono essere pronunciate come se fosse niente, come se non avessero conseguenze.
In questo caso, le conseguenze sono la necessità che si traducano in azioni.

Auguro al nuovo coordinatore del S(e)L di Carosino, che le ha scelte per presentarsi, di non essere indifferente e di combattere l'indifferenza, di stare da una parte e di difenderla da chi si muove come ammorbante zanzara su acque melmose, di avere cioè il coraggio di PARTEGGIARE come la sezione di Carosino non ha saputo fare dalla sua nascita fino ad ora.

Parteggiare e prendere le distanze da chi non parteggia:
  • aborrire quelle alleanze disgustose con partiti che non parteggiano, che si dicono centristi al solo scopo di potersi muovere a destra e a sinistra a seconda delle opportunità del momento, che rinnegano se stessi e i loro valori di fondo (semmai ne hanno) per adattarsi alla circostanza più conveniente al momento, che non seguono le linee programmatiche del loro partito quando queste non si adattano alle alleanze strategiche temporanee, che se ne fregano degli elementi distintivi, identitarii che dovrebbero caratterizzarli, che forse nemmeno ce l'hanno una identità precisa e, per questo, spesso raccolgono persone opportuniste che fanno della politica un lavoro, un'opportunità di carriera, una comoda strada per soddisfare i proprii interessi personali;
  • aborrire quelle persone degli altri partiti alleati o del proprio partito che, allo stesso modo, non parteggiano, non sanno parteggiare o non vogliono parteggiare, che cioè non si fanno guidare da una idea o ideale definiti, da valori precisi, da un ontologico dirsi e quindi fare, che non si votano al prossimo, al benessere collettivo, all'interesse della cittadinanza ma al proprio, cambiando partito, sigla, parte pur di non perdere i proprii privilegi.
  • odiare chi non parteggia, cioè disprezzare profondamente quel modo di fare politica che non sia chiaramente da una parte, che non sia interessata al bene delle persone, che sia indifferente e apprezzare, piuttosto, un modo di far politica che si lascia coinvolgere nella cosa pubblica, che ritiene la cosa pubblica di tutti, non dei "potenti", che s'interessa, che ascolta, che combatte, che non scende a compromessi.

Auguro al nuovo segretario dell'appena-nata, e già anacronistica, S(e)L di Carosino di avere la forza e il coraggio delle parole. Le ha già pronunciate aprendo la sua mozione: ora deve metterle in pratica.
Vogliamo vederlo parteggiare.
Vogliamo vederlo odiare chi non parteggia.
Vogliamo vedere una politica coerente.
Una politica interessata.
Una politica non indifferente e non asservita agli interessi di pochi.
Una politica di persone coraggiose, coerenti, che ci amano e vogliono e fanno il nostro bene.
Una politica che parla la nostra lingua e che sta dalla nostra parte.
A sinistra.
Libera.
Con un cuore ecologico**...


Una politica degna di rappresentarci.


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*Gramsci, La città futura, 11 febbraio 1917

** Quando lo avrà forse toglierò le parentesi che rinchiudono e minuscolizzano la "e" nella sigla del partito a Carosino.

giovedì 16 giugno 2011

Frammento di precarietà. Una storia vera.

Ho nome e cognome latini e preparazione umanistica, ma non prettamente.
Ho 28 anni, ma ancora per qualche settimana.
Non ho figli né figlie...
Né un compagno o una compagna con cui condividere la mia vita.
Oggi sono precaria nella vita e nel lavoro.
Oggi sono precaria nella ricerca sociale.
Domani sarò di nuovo disoccupata.

Scade oggi il mio contratto di stage per il cui rinnovo ho rincorso persone
proposto progetti che non sono stati nemmeno sfogliati
udito ipotizzare di borse, di assegni, di progetti, tutti di ricerca*
scritto documenti che sono stati letti in fretta
sentito parlare di possibilità future, le stesse di mesi e mesi fa
telefonato a segreterie dove lo squillo riecheggiava solitario
chiamato cellulari che risultavano sempre spenti
mandato email rimaste senza risposta con allegati rimasti appesi
contattato centralini i cui centralinisti mi dicevano che quella persona "'so mesi che nu la vedemo!"
e poi
poi sono stata umiliata e offesa.

Ho scoperto che il ministro Brunetta non è l'unico a considerare nullità i precari.

Direi che è in buona compagnia di certi professoroni, presidenti di corsi, dinosauri della ricerca e mummie dell'università, ma anche docentucci e tirapiedi
tutte persone che pretendono prostrazioni, assensi muti e sudditanza
criticano il criticabile e non
fanno domande per loro retoriche
fanno affermazione che sono dogmi e alle quali non si può rispondere
si irritano terribilmente se invece ricevono risposte
soprattutto se sono critiche e fondate
si sentono in diritto di insultare gratuitamente
si sentono così grandi da poter trattare l'altro come una nullità
si sentono nella posizione di umiliare, mortificare, sminuire, infangare
si sentono in potere di minacciare perché pensano di poter decidere della tua carriera
si fanno grandi togliendo la dignità e mancando di il rispetto al loro intelocutore.

Oggi mi è stato chiesto di umiliare me stessa,
di non rispondere dicendo ciò che pensavo,
di piegarmi alle volontà, ai tempi, alle disponibilità, ai desiderata di chi aveva il potere della firma
di implorare un rinnovo,
di ringraziare per un lavoro gratuito, non per loro che addirittura mi pagavano l'assicurazione,
di essere grata anche per il mio CV che poteva diventare più competitivo,
di pormi con toni servili, affettati, ipocritamente ossequiosi,
di scusarmi per le mie richieste,
di pregare per un sì, per una firma.

Ho pianto lacrime dolorose di rabbia e rancore per così tanta umiliazione della mia dignità, di persona, di precaria, di ricercatrice, di professionista.
Ma solo dopo aver fatto risuonare nella cornetta del telefono la mia voce, le mie risposte, la mia critica aspra, la mia determinazione nel difendere me stessa e, con me, la mia dignità e il rispetto che provo nei miei confronti quando mi specchio nei miei stessi occhi.

Non ci sono condizioni alle quali mi piegherei se queste compromettono il valore di me stessa quale individuo indisponibile e meritevole di rispetto.
Non c'è nulla che valga la mia dignità.
E questo, signori, è il meglio di questo Paese.



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*o forse intendevano ricerca di assegni, di borse, di...
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martedì 14 giugno 2011

Il Cambiamento della Rivoluzione Attiva

"Senti che bel vento" firmato PD, affisso accanto agli oltre 27 milioni di GRAZIE di Verdi e IDV: sicuramente il mio stomacuore ha reagito meglio nel secondo caso rispetto al primo, ma devo dire che, nonostante tutto, un rigurgito extra-sistole l'ho avuto comunque.

Ho letto un vago tentativo di appropiarsi di un risultato, infatti, che lo interpreta come la vittoria di un partito (o la sconfitta di un altro), piuttosto che come la vittoria di Italiani ed Italiane.

Il motivo del rigurgito è proprio qui. E' che, riportando questa situazione nel piccolo, nel quotidiano, quindi nella mia esperienza personale, quello che ho potuto constatare è stato un totale assenteismo dei partiti, di questi gruppi che si dichiarano rappresentanti e portatori di interessi di una piccola o grande collettività, che tanto si sono impegnati nelle loro campagne elettorali per le amministrative di un mese fa, e che sono rimasti nel silenzio quasi più totale nella campagna referendaria locale.

Tutti uniti, stavolta, in un visibilissimo immobilismo che, forse, li ha allontanati ancor di più dalla cittadinanza, soprattutto da quella più attiva, da quella che più di tutti si è impegnata (nelle sue possibilità) a informare e sensibilizzare.

Non parlo come facente parte del Comitato Referendario Carsunese, che ha lavorato benissimo senza sigle e bandiere, ma solo con le persone. Anche quelle afferenti a partiti o liste, ma che si sono impegnate in quanto cittadini/e.


Parlo da cittadina, appunto, che si aspetta e pretende da politici e politicucci che facciano seguire alle loro belle parole dei fatti concreti, che dimostrino il reale interesse per il benessere comune. E come non possono influire su di esso le scelte (o le mancate scelte) cui ci ha chiamati/e il referendum?

E allora, come mai i partiti e i loro esponenti più "influenti" hanno disertato a questo appuntamento con la democrazia? Come mai non abbiamo visto tirapiedi andare in giro casa per casa, riempire la nostra posta reale o virtuale, diventare molesti ed invadenti con saluti e offerte di caffè, link/avatar su facebook e quant'altro la fantasia elettorale sia riuscita a far partorire alle loro testoline?


Forse perché si tratta di esponenti di una politica che non funziona più?

Forse perché si sta affacciando una nuova forma di politica sulle strade, alle finestre, che ha la forma delle suole delle scarpe e il suono di voci che salgono dal basso?

Sì, forse sì.


Una nuova forma di politica che si scrive comunità e suona a leggerla democrazia.


[parafrasando la canzone del comitato di Jacopo e Fausto]

Che parla con la voce di ragazze che lavorano fino a tardi ma non sono stanche quando devono dare il loro contributo.

Che parla la lingua di chi chiede a lavoro ore di ferie per poter partecipare ogni giorno alle attività del comitato.

Che parla i sorrisi di chi non si fa prendere dall'ansia degli esami quando pedala anziché studiare.

Che parla le mani di chi prepara dolci, raccoglie frutta, impasta focacce per restituire le forze al comitato.

Che parla la presenza costante di chi, "influente", ha sostenuto le attività lasciando completa autonomia ma dando altrettanto completa disponibilità.

Che parla le scritte degli striscioni fissate per terra le prime, appesi dove era opportuno i secondi.

Che parla gli applausi delle nonnine alle finestre e nnanz'a casa.

Che parla i kilometri di chi è venuto a suonare per animare l'informazione, di chi non potendo far altrimenti ha seguito in auto pur di esserci, di chi ha viaggiato per partecipare.

Che parla con la bocca di bambini e bambine tra le giostre della villa e le fontanelle sopite del paese.

Che parla le letture notturne e diurne, le email per organizzare, le conversazioni su skype per definire e ri-definire.

Che parla la voce di chi ha dato voce scrivendo, cantando, leggendo, telefonando, microfonando, megafonando.

Che parla i piedi di chi ha camminato, passeggiato, ciclopasseggiato, ballato, salito, arrampicato, sotto al sole alla pioggia al vento e alla luna.

Che parla la serenità di chi viene ammonito o minacciato ma non si spaventa né si arrende.

Che parla con tute nucleari, magliette VOT4 Sì, rime e canzoni e non si fa scoraggiare da un "ma camina!!!".

Che parla il vocabolario della collaborazione, della disponibilità, dell'apertura, della lealtà, della responsabilità e, quindi, della solidarietà.

Che parla la lingua informale, semplice, diretta, spontanea, immediata, vera delle persone, degli individui singoli che, con le loro forze, si sono organizzati in un comitato allegro e determinato.

Che parla l'amore (e sì, ci risiamo!!! :-P) per una causa collettiva, per un paese, per un Paese, per la democrazia partecipata.

Che parla democrazia partecipata.

Che parla democrazia.


Sì.

Forse accade che cittadine e cittadini si stiano riprendendo la politica, quella autentica che significa impegno sociale, tutela dell'interesse generale, collettivo e singolare, sforzo condiviso e solidale, libertà e autonomia da condizionamenti esterni che non si sposano con gli scopi di questa nuova politica: quella della cittadinanza per la cittadinanza.


Si prepari, dunque, ogni esponente della politica old style, perché il Comitato Referendario Carsunese durerà.

Da gruppo è diventato fatto sociale, da energia a forza.

Dà il benvenuto a tutti coloro che vogliono partecipare e contribuire davvero alla "cosa/causa pubblica" carosinese.

Si toglie il cappello dell'urgenza democratica referendaria e resta.


Resta Comitato Carsunese.
[doppia C come "Cittadini e Cittadine"]

Resta per fare.

Resta per dare.





Buongiorno alla cittadinanza attiva carsunese!

venerdì 3 giugno 2011

Carosino si muove.

Ancora una volta, singolare e collettivo si declinano in crasi continue nella vita quotidiana, concreta, tangibile.

Collettivo è quello che sta accadendo nel nostro Paese, soprattutto dopo le elezioni amministrative e il conseguente ballottaggio in alcune importanti città e province italiane.
In rete e in qualche trasmissione tv si parla di aria nuova.
Sui quotidiani si legge di un vento di cambiamento.
Qualcuno lo definisce già un momento storico importante, di svolta per l'Italia.

Questa sensazione entra, come per contagio mediatico, nell'animo di tutti coloro che questo mutamento aspettavano e sognavano, per chi ci si è impegnato, per chi ha lottato, per chi si è lagnato, per chi ha anche solo atteso.
Questa sensazione funge da impulso energetico restituendo la fiducia in se stessi, la fiducia nel cambiamento, la fiducia nell'esistenza di un futuro.
Questa sensazione cambia la proiezione delle proprie vite possibili, per chi ne aveva una, e la produce, per chi non si sentiva più in grado nemmeno di immaginarsi al di là dell'oggi.

Questa sensazione, questo impulso, questa capacità di immaginazione sono propulsori anche di una dimenticata fiducia nelle proprie capacità di cambiamento, nel proprio ruolo a favore di questo divenire inaspettato ma sperato.
A partire proprio dal centro dell'ego, molti e molte in Italia hanno ricominciato a credere in se stessi, nelle proprie potenzialità, nel loro essere realmente in grado di fare la differenza, di decidere di quel domani avvicinandolo a sé.

Singolare è proprio questo: scoprirsi capaci di contribuire e poi contribuire nel concreto.
Sentire che cambia davvero.
Dal basso e dal piccolo.

Singolare, nel senso di insolito, è ciò che sta accadendo nel nostro paese.
Accanto ai soliti meccanismi statici delle accuse di protagonismo, dei tentativi di protagonismo, delle accuse di strumentalizzazione, dei tentativi di strumentalizzazione
accanto all'immobilità della mugghia e dell'ipocrisia che essa emana
accanto al "solito peggio" che il nostro paese ha saputo dare, ho scoperto il nuovo e il nuovo ha scoperto me sorridente.

La risposta alla stasi che crea paludi e fango e miasmi è stato un roteare di raggi, un rincorrersi di pedali, un direzionare le voci verso le finestre, un abbracciare di idee le fontanelle, un darsi la mano nel mezzo della piazza. E girare. E girare. E girare.




Questo paese ha saputo dimostrare di saper ben superare lo stato di immobilismo malato in cui era caduto, ha saputo tirar fuori sorrisi e fronti corrugate, voci e urla, idee e progetti, capacità organizzative e operative, accordi e disaccordi, strette di mano e comprensioni, avvicinamenti e allontanamenti: un dinamismo che ha prodotto ricchezza per una collettività, un dinamismo che ha spiegato a tutti e fatto comprendere a molti che ognuno è diverso da sé e, per questo, importante fonte di alternative.
Ma soprattutto fonte di un futuro che è sia collettivo che singolare.
Questo paese ha saputo dimostrare attraverso i Carosinesi e le Carosinesi che è ancora vivo e sveglio e attivo e capace di tutto quello che sembrava così difficile da ritenersi impossibile.

Questa è la ricchezza della cittadinanza attiva e della vera partecipazione.
Questa è la ricchezza di una serie di persone che singolarmente danno il meglio per il futuro di tutti e tutte.


Mai più ferma Carosino.
Mai più chiedere di censurarsi.
Mai più costringere a stare attenti a ciò che si pensa e a quanto si dice.
Mai più dover scegliere il meno peggio per sé e per la collettività.
Mai più i meccanismi e le frasi della vecchia politica.
Mai più ferma Carosino.

Carosino si muove. Non fermiamola.


Un grazie sentito al Comitato Referendario Carsunese

giovedì 19 maggio 2011

Chi ama di più il paese?

Chi ha rabbia accecante e repressa da anni ed esplode in pianti di gioia.
Chi il paese lo ha tenuto per anni e, ora, esplode in pianti di rabbia e tristezza.
Chi insinua un alito di malizia e cattiveria nell'interpretazione delle parole di chi non lo sostiene da suddito o servitore ma lo affronta criticamente.
Chi tifa ciecamente per la sua "squadra" come se si trattasse di calcio, difendendola anche di fronte ad evidenti autogol, giustificando falli sconcertanti, mentendo di fronte ad evidenti fuorigioco o falli di mano.
Chi dichiara il popolo sovrano solo se lo elegge, caprone o credulone se coi suoi voti premia qualcun'altro.
Chi è "permeabile" a tutto, perché tutto va bene, tutto è uguale di fronte all'urgenza di un obiettivo così ambito.
Chi candida manichini, applauditori professionisti, urlatori, incompetenti, in modo così evidente da poter mentire, da poter offrire un'altra interpretazione, da poter prendere in giro la nostra intelligenza.
Chi candida persone competenti, umili, convinte che la politica sia mettersi al servizio, che l'ambizione personale non possa prevalere sull'obiettivo del benessere generale, circondate però dalle persone di cui sopra.
Chi è arrogante, chi etichetta, chi tratta con riserva, chi odia a priori, chi si vendica, chi ignora, chi usa, chi abusa.
Chi si riempie la bocca di parole pregne di significato, piegandole però ai suoi personali interessi, alla bassa tifoseria, alla cieca rabbia, alla volontaria servitù: parole prese e lasciate, dimenticate, rigirate, svuotate.
Chi è leale.
Chi è sleale.
Chi è ipocrita.
Chi è sincero.

Chi ama più il paese?

La verità, purtroppo, è che ognuno dei gruppi che si è presentato era composto da quasi ognuna delle categorie elencate sopra. E ognuno dei suoi componenti amava e odiava.
Amava il paese, a modo suo, e odiava l'altro gruppo, a modo suo.
La domanda non è, quindi, chi ama di più.
Per me la domanda è chi fa prevalere il sentimento di amore su quello di odio.

Amare il paese vuol dire amare ogni cittadino e cittadina, inclusi coloro che si odiano.

Può un interesse più grande e allargato superare il proprio interesse?
Può il rispetto per l'intelligenza di chi si rappresenta portare all'impermeabilità, al riconoscimento, al rispetto e alla valorizzazione degli ideali, delle differenze, del pensiero divergente?
Può un obiettivo "impersonale", collettivo, accompagnare verso una responsabilità delle proprie scelte, del proprio ruolo?
Può quell'amore per il paese, concetto così abusato, essere la cifra del futuro, della costruzione di una democrazia, anche se nel piccolo di un paesello, ad un impegno di tutti nella tutela degli interessi di tutti?

Può vincere il paese?

Io mi auguro di sì.
In questo momento di enorme cambiamento a livello nazionale, nel quale si sta affacciando nuovamente la sinistra, una sinistra palesemente coraggiosamente consapevolmente e responsabilmente sinistra, anche nel nostro piccolo stiamo vivendo un cambiamento.
Il voto di questo fine settimana ha stabilito il tramonto di una amministrazione e ha fatto emergere anche la voglia di una svolta, di una innovazione, di fiducia allargata, di novità.
Quello che aspettiamo è di capire se questo voto abbia stabilito, oltre al tramonto, anche un'alba.
Per capirlo è necessario che si lavori. Lavorare insieme, con coerenza, con stabilità, con umiltà e con coraggio, superando gli odi personali e ideologici che hanno segnato queste ultime settimane, anche internamente ai gruppi.
E questo è l'invito che io faccio alla nuova amministrazione e all'opposizione.
Perché l'alba può esserci solo nella costruzione collaborativa e dialogica di una democrazia.
Una democrazia nei e dei fatti.

lunedì 16 maggio 2011

Votate responsabilmente

"Sabina ..., nata a ... il ..., può votare. Si accomodi nella cabina 1".
La giovane donna che pare avermi riconosciuta anche se io non conoscevo affatto, come le altre persone astanti, mi fornisce matita e scheda elettorale.
Incombe al centro dell'aula della scuola media il cubo di cartone bianco, con la sua femminea fessura.
Lo aggiro e mi avvicino alla cabina. Tenda bianca. Luce fioca.
Le mie pupille si allargano. Le mani stringono.
Un momento per riassestare il corpo nel nuovo ambiente finto-asettico e impersonale.
Abbasso gli occhi ormai normo-senzienti e li lascio appoggiati sul banchetto.
Interpongo la scheda elettorale ancora chiusa tra la superficie di legno lucido e la proiezione sulla retina. Non mi do il tempo di leggere quanto scritto sul lato esterno 'che la apro immediatamente.
Davanti a me un foglio piegato in quattro colonne, di cui solo la prima, a sinistra, macchiata dai colori delle liste del mio paese. Tre liste, tre macchie: una blu, una rossa, una verde.
Il resto del foglio completamente libero.

"Sabi pensa, non essere impulsiva, Sabi pensa" e Sabina ha pensato.
Ha pensato alla proporzione quasi perfetta tra quelle tre liste e il resto della scheda, tra quelle macchie, dei non-segni perché svuotati di significato, e tutto quello che c'era intorno e le conteneva.
"Dove mi colloco io?", mi son chiesta. Ed io non ero in nessuno di quei non-segni. Io non ero in nessuno di quei tre nomi. Io ero altrove ed ero vera e pulsante. Io credevo in qualcosa di diverso. Io credevo di poter agire su quello che il resto della pagina rappresentava e di poterlo fare molto meglio di quanto pensassi io stessa.

"Sabi rifletti, non lasciar parlare l'utopia, Sabi rifletti" e Sabina ha riflettuto.
L'utopia è la mia spinta, l'orizzonte del mio passo. Senza credere di poter dare un contributo migliorativo al mondo, la mia esistenza sarebbe vana. Senza credere di poterlo fare riempiendo di significato i segni, le parole, le azioni, mi prenderei solo in giro. Senza credere di poter agire senza il faro delle mie idee, dei miei ideali, dei miei valori, barcollerei nel buio, come quando ho messo piede in questa cabina.

"Sabi hai scelto, non temporeggiare".
La fedeltà a me stessa, in quello che credo, è la forza della mia mano che muove la matita. La scritta "Ministero bla bla bla" la leggo appena e mi dà ancora più energia mentre contribuisco a decidere con la mia scelta il futuro mio e del mio paese. Mentre contribuisco a decidere del mio Paese.
"Io non scelgo il meno peggio" mi son detta, "La prossima volta ci sarò anche io in quel foglio."

La matita sul legno. Il foglio si ripiega quasi da sé.
Un passo indietro, riesco alla luce, alla vita, alla parte del foglio di cui faccio parte.
Lascio un po' di utopia, come un alone, nella cabina e mi giro.
Mi chiedo, solo uscendo, cosa ho colto di quanto lasciato da chi mi ha preceduta... cosa c'era nella cabina finto-asettica che mi sto lasciando alle spalle.
Intanto il cubo mi attende, mi accoglie, fagocita la mia scelta in mezzo alle altre scelte.
Domani sapremo di questo paese e di questo Paese.

Intanto mi son fatta coraggio.
Ho votato responsabilmente.

venerdì 13 maggio 2011

La grande amMOGGHIAta

L'aria è tesa e vibra in modo sinistro al più piccolo movimento.

Ore 18.00
Gli ultras sono già pronti da tempo nei loro angoli: preparano cori, fumogeni, torce e trombe da stadio. Il tamburo è silente, ma trema delle tensioni dell'aria. Ogni ultrà ha immagazzinato rabbia raccogliendola sul posto di lavoro, a casa, nel traffico, coi figli, sulle scale del condominio. La batteria del loro stomaco è rigonfia e pronta all'uso, ipersensibile al segnale prestabilito.
Ogni gruppo occupa un posto assegnato nei dintorni dell'arena, così che gli ultras non si incontrino prima dell'inizio della gara, così che le loro energie non si disperdano in tafferugli prematuri, così che la loro batteria non scambi le vibrazioni nervose per il segnale.
Intanto giungono anche gli altri tifosi e qualche spettatore simpatizzante. Si dispongono in ordine sparso, non troppo vicini agli ultras, non troppo vicini ai gruppi rivali, non troppo davanti, nemmeno troppo dietro, forse nemmeno al centro. I tifosi si muovono, 'che non sanno bene dove mettersi per non dare fastidio a nessuno e per accontentare la squadra e, soprattutto, non scontentare gli ultras.

Ore 18.15
Intorno all'arena l'aria è bollente: sguardi di fuoco trafitti dal suono intollerabile ma tollerato delle trombe da stadio. I tamburi si riscaldano percossi lievemente, come gli ultras, che si sciolgono i muscoli del collo e delle braccia, senza mai decontrarre i muscoli dello stomaco contenente la batteria di rabbia.

Ore 18.23
Fanno il loro ingresso le squadre. Sono tre, anzi due e mezzo, giacché una è stata messa su con le riserve e qualche giocatore improvvisato per fare la triangolare, sennò il campionato non era valido.
Anche i giocatori sono rabbiosi: batterie cariche con tanto di incameratori aggiuntivi di rabbia marginale e sistema di sicurezza per far esplodere l'energia raccolta solo al segnale corretto e per ottimizzarne l'uso.
Gli sfidanti si guardano in cagnesco, soprattutto quelli delle due squadre principali.
Gli ultras si guardano in cagnesco, ovviamente in particolare quelli delle due squadre principali.
I tifosi fingono di guardarsi in cagnesco, per adeguarsi e non dar fastidio a nessuno.
L'aria spumeggia rabbia cagnesca. Le pelli dei tamburi si bagnano e ad ogni tocco schizzano sputi di schiuma bianca e nauseabonda. Gli ultras ne sono ricoperti in tutti i loro angoli.

Ore 18.29
La gara sta per cominciare. Le squadre entrano nell'arena. L'aria è rigonfia, carica e pesante. Si respira appena e gli sfidanti sono in deficit di ossigeno prima ancora di iniziare. Le sinapsi lampeggiano. Sta per arrivare il segnale per le batterie di rabbia.


Ore 18.31
L'arena è una grande ammogghiata.
Allo scoccare dell'ora esatta è arrivato il segnale per squadre ed ultras. La tensione in uscita mal regolata ha prodotto un disordinato deflagrare delle energie rabbiose dallo stomaco alla bocca. Ecco che, in un solo minuto, l'arena è completamente ricoperta di mogghia.
mogghia sui balconi
mogghia sugli spalti
mogghia sui lampioni
mogghia sulle bandiere
mogghia sui tricolori e sui colori mascheranti
mogghia nell'acqua della fontana
mogghia dai getti della fontana
mogghia che schizza dai tamburi battenti ma sordi
mogghia che cola dagli imbuti delle trombe
mogghia sulla schiuma degli ultras
mogghia sulle cravatte degli sfidanti
mogghia sulle spalle degli spettatori simpatizzanti
mogghia sulle teste dei vili astanti
mogghia sulle scarpe dei giovani eleganti
mogghia nei pensieri dei politicanti
La mogghia continua a fuoriuscire con aria di sfida dalle bocce spalancate dei personaggi delle squadre. L'energia accumulata e mal gestita ha rese invane le prove allo specchio dei baldi sfidanti. Ore a guardarsi sputacchiare mogghia, per poi vomitarla con forza da posseduti.
Ma il gioco è iniziato, ormai non si torna indietro e la mogghia invade ogni interstizio tra cervello, stomaco e cuore. Parla di odio, parla di rabbia, parla di frustrazioni, parla di piccolezze.

Ore 18.36
L'ammogghiata continua. Una delle due squadre principali urla mogghia, sputa getti di forza inaudita, quantitativamente è superiore. Ma l'altra squadra, imbattuta da tempo, strategica più che tattica, è qualitativamente superiore e i suoi getti di mogghia, anziché disperdersi a ventaglio, vanno dritti al centro. Tanto strategici da mandare piccoli mogghiatori in giro per le strade e per le case, a distribuire piccole porzioni di mogghia ben calibrata, tanto da sembrare altro. Subito imitati dai rivali.

Ore 18.39
Mentre gli sfidanti continuano nella loro ammogghiata, sotto all'arena gli ultras si agitano disarticolati, come il loro pensiero. Non esiste pensiero, in realtà, tanto la mogghia lo ha appesantito. Scivolano su questo strato melmoso come se fosse il loro habitat naturale, si rotolano e si animano, fanatici della mogghia ad ogni livello.
Alcuni astanti si adeguano, qualcuno cerca riparo, qualcuno se ne va vomitando un po' mogghia un po' bile. E anche un po' il suo pensare che muove i suoi piedi verso il pulito.
E nel pulito incontra chi con la mogghia si scontra.
Chi la odia e la aborre, come questo gioco insensato dell'ammogghiata. Ormai ha fatto fortuna tra le vie di questo centro, rivaleggiando con la mogghia sputata in diretta in tv, tra sfidanti di livello superiore che le squadrette di qui guardano con tanta ammirazione.

Ore 18.45
L'ammogghiata continua, sull'arena e ai suoi piedi dove gli ultras non hanno più il senso di se stessi. Sono un corpo unico e dipendente, che si muove in sintonia con le scariche di mogghia superiore.
L'ammogghiata continua, non solo nell'arena e intorno ad essa. Mogghiano anche i mogghiatori tra le vie, i mogghiatori tra le gente, i mogghiatori tra le parole e le idee.

Ore 18.57
L'ammogghiata continua, ma molti astanti hanno lasciato i dintorni dell'arena. La mogghia dalle scarpe staccandosi ha lasciato scie di liberazione sulle pietre bianche. Perfino l'asfalto le ha accolte. Ma ricordando che ogni ambiente raccoglie fino al limite fisiologico. Ricordando che la mogghia se non si esaurisce manda in crisi il sistema.


Ore 18.59
L'ammogghiata continua, mentre lontani dall'arena i cittadini e le cittadine vengono a conoscenza dell'ondata di mogghia scatenata più in là.
La cittadinanza supera di numero gli ammogghiati e d'intelletto molti di essi.
La cittadinanza s'indigna e sta lontana dalla mogghia, ci prova, anche se gli schizzi e i piccoli mogghiatori portano la mogghia ovunque.
La cittadinanza è ancora silente, ma attende il giorno della grande finale, quando, paletti alla mano, voteranno le performance di questi sfidanti.
Nella speranza che l'ambiente assorba abbastanza mogghia da concedere a queste persone la deambulazione. Perché a loro sguazzare nella mogghia non piace proprio.