mercoledì 6 aprile 2011

Mai e poi mai. La storia breve di Francesco Blasi.

Francesco non usciva mai di casa senza il suo cappello di paglia: un’ombra precisa disegnava sulla sua fronte rugosa una mezza luna bianca, rendendo quel lembo di pelle meno accartocciato del resto del viso. Il sole, infatti, lo aveva fatto invecchiare precocemente, insieme al suo lavoro.


France’, Francescooooo! Eh! Sto qua!”


Ciro stava passando da via Dandolo con la sua bicicletta arrugginita, quella del padre per la verità, mentre Francesco rientrava in casa. L’urlo del giovane, figlio dell’assessore nel comune della cittadina, lo interruppe nel bel mezzo della difficile operazione di sollevare la sua personalissima sedia di paglia su per i tre gradini d’ingresso di casa.


“Ohè!!! France’! Che stai facendo in paese?! Di mattina poi…”


“Ciro caro, vi state burlando di me forse?”

Disse Francesco, voltando solo il capo, mentre il braccio tremante reggeva a stento la sedia. I suoi occhi erano piccoli, ma lo sguardo profondo, agitato e acquoso come un fondale marino.


“No, Francè! E piccé dici ccussì?”


“Eh, don Ciro, non vi siete accorto evidentemente del mio bastone ricurvo…”


“Naaah! Vero. E piccé lu tieni? Ssi' giovane tu!”


“Eeeh giovane! È vero che la buonanima di mio nonno ha campato 90 anni, e mio padre è ancora vivo, ma tengo pure i miei sessantasette anni…”


“Appunto, mica ssi' vecchio, eh scusa!”


Il viso di Francesco dapprima si schiuse in un sorriso, che stirò ogni segno addolcendo i tratti resi duri dall’estrema magrezza. Poi la sua espressione divenne melanconica.


“Don Ciro caro, ho amato il mio lavoro. Ho lavorato la terra ogni anno, ogni stagione. Ogni chicco è passato tra le mani mie…”

E mentre parlava, si distinsero piano sulle sue labbra secche i segni lasciati dal frumento, quando ne testava con perizia la maturazione.

“…e la terra mi ha cambiato da fuori, ma non mi ha mai tradito. Mi ha sempre restituito tutte le energie…”


“Spero mica solo quelle!!!” Rise Ciro, alludendo ai dieci figli di Francesco.


“No, mi ha dato pure la dignità!” Rispose l’altro con determinazione.


La sedia era tornata sul marciapiedi e da qualche minuto era diventata il suo secondo bastone.


“Eh, ma t'ha levato la salute però! Me lo vuoi dire o no piccé tieni lu bastone?!”


“Compagno caro…” Cominciò Francesco mentre Ciro, a quell’appellativo, storse il naso in un’espressione degna di uno dei personaggi del “Tarzanetto”, “…la terra lascia i suoi segni: guardate le mie mani… e i figli miei sanno come si sono ridotti i piedi miei. È stato un lavoro duro, faticoso, e io l’ho seguito ovunque mi ha chiamato. Fino a qua. Poi il sole ha fatto tutto il resto…”


A Francesco i nervi delle gambe si erano corrotti. Non era mai, mai successo che a giugno si vedesse in giro il suo cappello. Quell’estate, invece, per la prima volta, non era andato a trebbiare nei campi di grano e il sole lo arrostiva fuori dalla porta di casa, dove sedeva per ore pensando a come rendersi utile e produttivo per la sua prole.


“Lu sole, vabbeh... E mo’? Com'è che mangiate, eh?”


Francesco si irrigidì. Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, ‘che già Ciro gli aveva preso la mano dura e magra, stringendogli nel palmo un foglietto.


“France’, ti basta che ti ricordi questo segno qua quando vai a votare. E ti lu giuro che l’otto giugno da Licino ti basta dire il nome mio. Veramente! E puoi fa' la spesa a gratis per una settimana!”


“Don Ciro andatevene! Ora!”


Disse deciso Francesco, stringendo il pugno e accartocciando quel foglietto con tutta la sua forza.


“Andatevene!!!” urlò.


Le tende alle finestre delle case di via Dandolo si spostarono, anche se l’aria era ferma e satura di odore di sansa. Una moltitudine di occhi nascosti guardavano in direzione dei due. Una testolina scura sbucò dalla porta di casa: le sembrò proprio la scena del film western che aveva intravisto, un giorno, passando per caso davanti alla televisione della famiglia facoltosa del paese.


“Anna, rientra ppì favore!”

Disse dolcemente ma con fermezza Francesco, facendosi ubbidire e mantenendo lo sguardo fisso in quello di Ciro.


"Ma Francesco, non te la devi prendere così… Io lu saccio che è difficile, cu dieci figghj, mo’ pure i nipoti… non ti devi vergognare…”


A quelle parole il petto di Francesco si gonfiò in un respiro di rabbia e sdegno.


“Ma come vi permettete voi. Voi. Nemmeno ve lo meritate che vi dia del voi! Io non mi vendo per un pezzo di pane, lo avete capito?” Disse alzando la voce e muovendo nell’aria il suo bastone.


“Io non mi vendo!!!”


“Sai che c’è France’!? Ddà restà nu poveraccio! Nu poveraccio culli cazoni bucati, che fa la fame e si piange addosso come tutti i comunisti…”


“Voi! Voi e tutti gli amici vostri siete dei ladri!!! Ma la mia dignità non la rubi! Non mi potete ricattare voi, perché io e la famiglia mia valiamo di più di un voto. La dignità mia vale di più di questo ricatto vergognoso… vergognoso!” ripetè piano.


“Certo. E allora muori di fame. Io ti volevo solo aiutare.”

Disse Ciro mentre già riprendeva la strada verso la piazza del paese.


Francesco si accasciò sulla sedia sussurrando: “Mai”.

Il bastone gli cadde di mano.Rotolò fino al marciapiedi opposto, dove si fermò continuando ad oscillare.

Anna uscì di casa, guardò il nonno, ma non lo aiutò.

Sapeva che ce l’avrebbe fatta da solo.

Corse dall’altra parte della strada, qualche metro.Raccolse il bastone e tornò indietro.


Anna”, la chiamò Francesco


Butta questo nel camino. Dì a nonna Maria che io stoc'avoco allu patronato”.


Anna prese il foglietto appallottolato, entrò in casa e socchiuse la porta, appoggiandovi le spalle.

Sentì il rumore del bastone allontanarsi gradualmente.Poi riaprì le mani e srotolò il foglio: c’era uno scudo bianco, con una grossa croce rossa.

Anna sgranò gli occhi, poi alzò lo sguardo sul crocefisso che pendeva sulla sua testa.


Guardò nuovamente il foglio.


Di nuovo il crocefisso.


Quindi ancora il foglio.


Per un attimo restò ferma a riflettere.

Poi si guardò intorno, si voltò verso la porta. “Nonno…” sussurrò.

Aggrottò le sopracciglia, strappò il foglio in tanti piccoli pezzi e li gettò nel camino spento.

Quindi disse ad alta voce: “Mai. Mai e poi mai”.

E corse ad avvisare nonna Maria.



Foto © Emanuele Franco - flick - contatto email


Racconto pubblicato su Laspro Rivista di Letteratura, Arti e Mestieri, Anno I - Numero 4 - Novembre\Dicembre 2009, Lorusso Editore, Roma

1 commento:

SdR ha detto...

A real story.
Una storia vera.