venerdì 29 novembre 2013

SPERARE vs CREDERE, aka il valore del PER SEMPRE

"Per me il termine per sempre non esiste in generale. 
È tutto talmente mutevole..."

Così ha avuto inizio una lunga conversazione su whatsapp sul senso del "per sempre".
Non è stata solo una chattata tra amiche: ci pensavo prima, c'ho pensato dopo, ci penso tutt'ora.
Più spesso mi capitano degli "ending", più mi convinco che il "per sempre" abbia un senso. Proprio io che potrei dissertare per ore contro l'uso dei "mai" e dei "sempre"...
Ma il "per sempre" è un'altra storia.

Il "per sempre" indica un inizio e l'assenza di una fine, almeno nel momento in cui l'inizio ha inizio. Indica un "crederci in quel momento", un crederci fortemente tanto da scomodare il "sempre".
Sono convinta che certe decisioni bisogna pensarle come se fossero per sempre, altrimenti non avrebbero senso. Non è una questione di coerenza (anche se credo che la coerenza sia importante nei limiti della intelligenza e della capacità di crescere e migliorarsi). Ma non è per quello.
È il valore che ha una scelta quando decidi di rinunciare a tutto il resto, a tutte le alternative, una volta per tutte. Parlo del valore che si decide di dare ad una decisione. È come sposarsi. Se ci si sposa pensando che non sia per sempre, perché sposarsi?
Mi si obietterà che è un esempio poco coerente con i tempi: "al giorno d'oggi chi si sposa più?".
Ma io al "per sempre" ci credo, e non credo nei tempi.
Io dai tempi non vorrei farmi cambiare, e cerco di non farmi cambiare.
"I tempi" sono un alibi per decisioni superficiali e più facili.
"I tempi" sono la maschera di chi ha PAURA.
Io i tempi li voglio cambiare.

Io credo in me.
Io non ho paura.

A Ballarò, l'altro ieri, ho sentito un ospite di cui ho dimenticato (o cancellato?) il nome, il quale ospite sosteneva l'innovativa opinione che "ai giovani bisogna restituire la speranza". Al sentire i suoni dell'ultima parola, ho immediatamente spento il tablet da cui guardavo la trasmissione e twittato sul profilo di Ballarò "E BASTA CON QUESTA SPERANZA!!!".
Sì, basta con questa speranza.
Ce ne facciamo un baffo della speranza!
Io non voglio sperare!
Io odio la speranza!!!
Io voglio avere gli strumenti per dimostrare che tutti possono credere in me.
Non voglio che si speri in me.
Io voglio FIDUCIA.
Io voglio che mi si dia fiducia.
Io voglio LEGITTIMAZIONE.
Io voglio essere legittimata.
Io non voglio più sentirmi costantemente sotto esame, come se avessi sempre qualcosa da dimostrare senza nessun reale strumento per rendere concrete le mie potenzialità e capacità. Non voglio dovermi guadagnare speranza o, peggio, meritare speranza. Chi mi valuta sulla base del nulla, sulla base di pregiudizi, di idee pre-confezionate sulla mia generazione, di frasi fatte, di indicatori superati (come chi ancora si prende il diritto di valutarmi), del mio CV che di me non dice più nulla, si prenda anche la RESPONSABILITA' delle sue valutazioni.

Io sono una risorsa preziosa e sottoutilizzata dal sistema e dal Paese...
...che non credono in me e che, al massimo, finiscono per fornirmi (o per ambire a fornirmi) speranze (o illusioni).

Io delle speranze non me ne faccio più nulla.
Le speranze uccidono la fiducia.
Io voglio fiducia.
Io voglio che si creda in me, nelle mie potenzialità, nelle mie idee, nel contributo che posso dare al futuro, alla società, all'umanità, o anche alla mia piccolissima vita, ovvero tutto quello in cui io credo fortemente. Ragionevolmente, è una condizione necessaria e non sufficiente. Ma è necessaria. Io ritengo sia necessaria.
Sì, la speranza cestiniamola e ricominciamo a credere di essere all'altezza e in grado di un "per sempre".

Questo è il grosso problema della mia generazione.
Sì, questo.
Non credere in se stessi.
Figuriamoci esserne convinti.
Figuriamoci convincere altri.
E, quindi, farsi cambiare dai "tempi".
Diventare precari negli affetti, nelle relazioni, negli interessi, nelle idee, nell'identità, nel lavoro e quindi nel contributo che la nostra effimera vita dà al "per sempre" del mondo. Avere PAURA.


Io no.
Io voglio cambiare.
Io sono il cambiamento.

Ripetetevelo come un mantra.
E smettetela di piangervi addosso.





lunedì 18 novembre 2013

Il diritto all'oblio

Nel testamento biologico ho dovuto esplicitare la mia volontà ad essere cancellata immediatamente da Facebook alla mia morte. Ma forse non basta...

L'altro ieri, in preda al delirio da controllo costante della mia persona, ho digitato nome + cognome su Google. Con mia triste sorpresa, ma nemmeno tanta, ho trovato una quantità di mie foto, mie, di cui non ricordavo nemmeno la presenza su internet. Certo che non lo ricordavo: a quei siti io non ho mai deliberatamente o coscientemente deciso di iscrivermi. Si trattava per lo più di "ok" che avevo dimenticato di "de-spuntare" o che non avevo affatto notato e che si erano trasformati in adesione più o meno volontarie.
Eccomi su Picasa, direttamente collegata al mio account gmail, con una ordinata raccolta di mie foto prese da tutti i siti sui quali mi son registrata (ma anche cancellata) con l'indirizzo gmail.
Eccomi sul sito di Gazzettadellosport.it cui risulto registrata per diosolosa quale motivo.
Eccomi sul sito di un ministero, con tanto di mio codice fiscale in chiaro, macché in chiaro, ddeppiù: è l'URL abbinato al mio profilo che, chissà come, è vuoto!!!
Eccomi col profilo di Google+ che diosolosa (sì, sempre e solo lui) quante volte ho cancellato o, a questo punto, credevo di aver cancellato!
Ecco che poi mi scopro registrata a Viadin che non ho idea di cosa sia, insieme a Yatedo. Così scopro che "this profile has been generated based on pulicly available information all around the web", anche informazioni obsolete, che non esistono più perché da me rimosse, anche quelle che fino al 2007 ancora non proteggevo come avrei dovuto, non consapevole dei rischi...e che non ho idea di come cancellare da questi collettori di informazioni non autorizzati che mi invitano a tenere sotto controllo la mia reputazione online... rabbia! Pensate che ci sono anche servizi online (a pagamento, ovviamente) per ripulire la tua e-reputation. Chiaro? Da un lato raccolgono tutti il possibile online e rendono queste raccolte di informazioni disponibili a tutta la rete e poi vi offrono di nascondere le stesse informazioni che hanno scovato all around the web... rabbiaaaaa!!!
Comunque, continuiamo il surfing...
Eccomi su Pupa4Fan dove mi son registrata per far partecipare ad un concorso di make-up una mia amica e dove compare una foto di me truccatissima stile anni-boh che io vorrei tenere (sol)tanto per le risate tra amici e non tra tutti...profilo che (attenzione!) non posso cancellare perché creato da Facebook cui non sono più registrata.
E qui parte il loop... 
Perché non posso cancellarmi se non dal profilo FB, ma io il profilo FB non l'ho congelato ma cancellato, e farne uno ex-novo non servirebbe a nulla (oltre che essere contro la mia volontà di non apparire costantemente sulla piazza di FB). Quindi ne consegue che non posso cancellarmi con procedure normali, quelle più "snelle" (che già portano via del tempo che potrei usare più produttivamente).

Morale della favola?
Una volta che sei nella rete, non puoi più nasconderti.
Lotta aperta ai sociopatici come me.
Ve tocca dde sta in piazza, come ar paesello, dove tutti sanno tutto di tutti.
E se non lo sanno, se lo inventano, lo deduco, raccolgono every available information da ogni fonte possibile, all around. E da quello che è disponibile si ricostruisce la tua immagine, la tua storia, la tua personalità.

A proposito, vado a fare un lifting online: tolgo qualche ruga qua e là, ogni dettaglio che fa di me una persona vera sulla rete, lascio solo l'apparenza, così come deve essere... 
 


Ps. Un giorno dopo la mia ricerca su Google, mi giunge addirittura una email, ovviamente sull'indirizzo gmail...


martedì 5 novembre 2013

Il giornalismo scientifico de no'artri | Il caso dell'olivo che si dissecca velocemente

Sulla pagina FB dell'Associazione di promozione sociale "Fucarazza", io, l'uomo che non esiste e un contadino altrettando invisibile sui social network, abbiamo cercato di mettere in ordine le informazioni reperite su internet riguardo il caso del "COMPLESSO DEL DISSECCAMENTO VELOCE DELL'OLIVO" che sta colpendo diversi ettari dell'area jonica della provincia leccese, destando preoccupazioni e allarmismi.

Trovate qui la nostra sintesi per far chiarezza nelle nostre teste e proporre qualche domanda aperta.

Aggiungo una mia considerazione su come si fa il giornalismo scientifico in Italia, non solo in Puglia, giacché la notizia è stata ripresa da Il Fatto Quotidiano, per esempio, e da quotidiani online di varia natura, soprattutto di approfondimento sul tema "ambiente".
Ne parlavo sul caso Taranto, tempo fa, in un pezzo sulla comunicazione politica e ambientale, e ripropongo la stessa riflessione per il caso "batterio killer e olivi disseccati".
Il contesto è sempre quello di una profonda incertezza scientifica.
Ma c'è un'assenza di risposte tempestive "dall'alto" in questo caso? Pare di no, pare che da almeno tre anni si conosca questa fitopatia e che ancora non si sia riusciti ad accertarne le cause (eh sì, forse non esiste un batterio killer...) e che siano stati organizzati workshop per informare i contadini e gli imprenditori agricoli. Azioni insufficienti e cadute nel vuoto.
Perché?
Perché parte delle colture interessate non sono sottoposte a cure costanti e perché si riducono al minimo gli investimenti?
Perché non vi è un interesse per le produzioni di qualità e, quindi, si lascia morire una pianta non abbastanza produttiva, non ci si accolla costi preventivi per evitare il peggio finché non si manifesta e poi quando si manifesta si chiede l'intervento esterno?
Perché non vi sono finanziamenti alla ricerca per arrivare fino in fondo con le attività di epidemiologia ambientale, se anche questo è il suo campo?
Il contesto è sempre quello di una profonda incertezza scientifica.
E la risposta dei media non si fa aspettare, dalla drammatizzazione estrema che vede questo batterio killer devastare i campi pugliesi fino ad essiccare l'ultima piantina, alle teorie complottiste più fantasiose e pericolose che vedono il batterio killer come un'arma biologica di chi non può più competere sul mercato con i nostri prodotti...

Insomma... c'è in giro molto "giornalismo scientifico de no'artri", di chi fa politica con i fatti, di chi non li conosce e non approfondisce le fonti, di chi invece che fare divulgazione fa congetture... sta anche a chi legge avere un approccio critico e farsi delle domande...

lunedì 4 novembre 2013

L'amore ai tempi di BlaBlaCar

"E tu perché viaggi?" "Ho la ragazza a Trento"
"E tu perché viaggi?" "Ho il ragazzo a Grassano"
"E tu perché viaggi?" "Ho la ragazza a Genzano"

Ogni passaggio preso o dato è stato un viaggio attraverso storie, per lo più d'amore.
Storie a distanza, che l'uso condiviso di un'auto rende più vicine, più concrete.
La mia domanda, dopo il "perché viaggi", resta sempre "E' possibile un amore a distanza?".
Raccoglierò, viaggio dopo viaggio, attraverso le storie di questo pezzo d'Italia una sintesi di ciò che si pensa o quanto si crede nell'amore...ai tempi di BlaBlaCar.
Un pezzo d'Italia fatto di persone che hanno fiducia nel prossimo, che fanno del prossimo un compagno di viaggio e un collaboratore nella costruzione di storie di vita possibili, in cui la distanza si riduce anche grazie al prossimo, a quello sconosciuto portatore di storie che accompagna, ascolta, parla, condivide il tempo di qualche centinaio di chilometri con un altro sconosciuto.
Un pezzo d'Italia che crede nell'altro, e nell'amore.



_______ 1 ________ E tu ci credi all'amore a distanza?
"No, sai, scusa la domanda personale... Sono stata invadete. No, ma sai, è perché anche io ho una storia a distanza, anzi la vorrei. No, cioè, non è che la vorrei a distanza! E' la storia che vorrei. Ma per ora non può che essere a distanza... E cerco di capire, confrontandomi con altre persone, se è possibile... Tu... tu che ne pensi?"
"Ehehehe è una domanda difficile... soprattutto per uno che si occupa di scienze matematiche e che, forse, tende a razionalizzare molto. Io e Lisa stiamo insieme da tre anni. Abbiamo deciso di provare a stare insieme quando già la mia application per il dottorato era stata accettata... in Austria. Certo, Trento-Austria non era tanto distante, e io ho passato lunghi mesi a Trento, e Lisa è venuta a trovarmi spesso in Austria. La distanza c'era, ma era relativa... Ci si vedeva abbastanza spesso. Non che, quando ero in Austria, non ci fossero state tentazioni altrove. Spesso ho avuto l'occasione di avere storie, appunto occasionali. Ma ogni volta mi son chiesto "Vale la pena mettere in discussione una relazione che mi fa stare bene?" e mi rispondevo che no, non ne valeva la pena. Poi, ci siam fatti un discorso da adulti, Lisa ed io: ci piacevamo e ci volevamo bene e, quando abbiamo deciso di stare insieme a distanza, ci siamo detti che potevano provarci, che finché stavamo bene insieme sarebbe durata, ma nel momento in cui uno solo dei due avesse cominciato a star male ci saremmo parlati con franchezza e avremmo provato a risolvere insieme, magari tornando piano ad essere amici o ex-cordiali. In fondo ci vogliamo molto bene e non vedo perché escludere dalla mia vita una persona che ne ha fatto parte in modo così importante. Avevamo deciso di andare a convivere dopo il mio dottorato, sai? Ma poi a Trento non ho trovato lavoro e non mi andava di rinunciare a questa occupazione qui. Abbiamo pensato che da disoccupato depresso sarei stato male e comunque la nostra storia ne avrebbe risentito. Per cui, ragionevolmente, abbiamo cambiato i nostri progetti. Flessibili come il nostro lavoro e la nostra vita. Per cui, eccomi qui a fare il pendolare. Un weekend torno io a Trento, un weekend è Lisa che viene a trovare me. Per ora va bene. Stiamo bene. Finché è così, va bene."
"Insomma... fai un'analisi molto razionale. Da adulto."
"Sì, certo. Non si può più vivere l'amore con gli stati febbrili adolescenziali, non a distanza e non alla nostra età."
"Quanti anni hai?"
"Ventotto."
"Capisco."


_______ 2 ________ E tu ci credi all'amore a distanza?
"A volte sì, a volte no... Con Massimo abbiamo deciso di riprovarci da poco..."
"Riprovarci?"
"Sì, siamo stati insieme tanto tempo e tante volte. Quando ho cambiato lavoro, ho avuto un momento difficile e non abbiamo retto. Lui non ha retto, io ero nervosa e intrattabile. Ora che da qualche mese sono stata confermata con questa nuova occupazione, dopo il salto nel vuoto, ci siamo riavvicinati..."
"Salto nel vuoto perché lasciavi un lavoro con un buon contratto per uno incerto?"
"Eh, sì..."
"Sei stata coraggiosa, brava!"
"Eheheh, grazie... Ma lui non è stato coraggioso quanto me, o meglio, non ha saputo sostenermi nel momento più difficile. È facile stare insieme ad una persona quando sta bene e dà tanto...e poi lasciarla quando bisogna darle qualcosa..."
"Ma tu l'hai perdonato..."
"Non lo so. È che da quando mi sono innamorata di lui, anche nei lunghi periodi di lontananza, non sono mai riuscita ad amare un altro allo stesso modo. Massimo è Massimo. Quello che provo per lui è unico, e nemmeno gli anni riescono a cambiare questo debole che ho per lui. E credo che anche per lui sia lo stesso."
"Da quanto tempo?"
"Sono undici anni più o meno che ci conosciamo. Insieme di fatto non so quanto siamo stati insieme. Ora son circa sette mesi che siamo di nuovo una coppia, anche se a distanza, andando su e giù per l'Italia, dall'Emilia alla Basilicata... Ma alla fine non abbiamo mai smesso di far parte l'uno della vita dell'altro..."
"E tu quanti anni hai?"
"Trentadue"
"Capisco"



domenica 3 novembre 2013

Che Futuro! lunario dell'innovazione de Il Sole 24 Ore - E-Health: quando è il paziente a coinvolgere il medico

Qualche risultato preliminare di un'indagine commissionata dalla Regione Toscana, i cui dati ho avuto l'onore e la fortuna di poter usare insieme alla ricercatrice Sara Barsanti per rispondere alla domanda di ricerca: "L'uso di internet per motivi di salute (cioè l'e-health) che influenza ha sul rapporto tra paziente e medico di medicina generale?".
Si tratta di risultati preliminari, ma credo sia interessante un dato: i pazienti e-health user condividono con il proprio medico le informazioni che reperiscono su internet, chiedendo quindi pareri o discutendone, se si sentono a loro volta soddisfatti di quanto il medico li coinvolga normalmente nelle decisioni che riguardano la sua salute.
In sintesi, il ruolo del medico resta centrale nella definizione del rapporto con il paziente, anche quando gli si offra uno strumento aggiuntivo di empowerment.

A voi la lettura di E-Health: quando è il paziente a coinvolgere il medico.