giovedì 28 luglio 2011

La stupidità deriva dall'avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall'avere, per ogni cosa, una domanda. [Milan Kundera]

"Che vuoi che capiscano quelli?
Quelli là al massimo gli danno fuoco, 'che le cose non se le sanno tenere, non lo capirebbero!"

E pensare che a pronunciare queste parole sono personaggi che fino a ieri facevano parte della stessa massa indistinta di persone che oggi chiamano cittadinanza, popolazione... se non gente o quelli.
Sì, una massa indistinta dalle connotazioni alquanto oscure e negative.
Rozzi e incivili.
Vigliacchi e limitati.
Gente da responsabilizzare ed educare
(quindi irresponsabile e ignorante).
Gente che parla "tanto per".
Gente che non sa.
Gente che non capisce.
Stupidi.

"E che ne vogliono sapere quelli?
Le persone a te dicono una cosa, a me un'altra, tanto per parlare!
La gente ti manda avanti perché è vile.
E poi, che ne capiscono?"

Ah, beh, niente.
Non ne capiamo nulla noi.
Sempre un noi indistinto, fumoso, ma comunque buono a nulla.
Un noi che può essere anche preso in giro, tanto non abbonda in intelligenza.
Un noi da cui, però, emergono delle teste pensanti a volte.
Delle teste partorienti idee.

Mentre le idee vanno carpite, acchiappate, messe sotto-chiave e poi fatte riemergere come proprie in altri momenti, quelli opportuni, ...le teste vanno evitate, ricacciate nel mucchio, perché pericolosamente critiche e brillanti.
Anzi, no.
Pericolose perché piene di pregiudizi, perché non asservite, perché non abituate a difendere ad ogni costo, a farsi ariete, a farsi muro, a farsi avvocato di una classe politica e di amministratori pubblici sorda e lontana, e che appare sempre più piccola e piena di sé.


"Ma che vuoi che ne capiscano loro?"

Ma no, niente, che vuoi che ne capiamo.
Io per prima, per esempio, non capisco molte cose...

Ed è per questo che MI FACCIO MOLTE DOMANDE.

domenica 3 luglio 2011

Il Paese del fare... o del disfare?!

Non era questo il Governo del fare?
Del fare e del fare bene!

Ma cosa?!
E a chi?!

Mi ha fatto riflettere l'sms di una persona cui avevo scritto che sarei partita anche io, potendo, per la Val di Susa a sostenere nelle mie possibilità la cittadinanza in rivolta. La risposta non è stata di stima, né di rassegnazione rispetto alle potenzialità del singolo, anche se unito in difesa del bene comune. No! E' stata la risposta di un padre ad una figlia, di un professore ad un'alunna, di un esperto ad una povera illusa: la risposta di chi sa come vanno le cose e che sorride dell'ingenuità dell'interlocutore. Parafrasando:
E' una sconfitta in partenza. Maggioranza e "opposizione" non possono rischiare di perdere i finanziamenti, i soldi. Per questo la TAV si farà.
Questa certezza mi ha destabilizzata, soprattutto pensando alla fonte di questo pensiero, sedicente di sinistra-verace. Ma mi ha anche convinta, per la legge del contrappasso, della necessità di non mollare.
Certo, perché in queste due righe, dure righe, è raccolto il problema dell'Italia: un Paese gestito da persone, non solo quelle del Governo, che hanno come unico interesse quello di proteggere i proprii.
Certo, perché nelle parole "non perdere i soldi" non si riesce proprio a leggere di investimenti nello sviluppo (tra l'altro insostenibile in questo caso) di cui qualche politico parla, ma si legge di appalti e subappalti, di grandi imprese e d'influenti imprenditori, di lobby oscure e gruppi d'interesse che comandano questo Paese.
Certo, perché nelle parole "la TAV si farà" non si riesce nemmeno ad intravedere quella bugia mediatica della politica del fare per la collettività, per l'Italia, ma si vede chiaramente il progetto del "farsi", del "fare per sé" e di accollare proprio alla collettività i costi e gli svantaggi di questo fare.

E allora questo "fare" cosa diventa per la cittadinanza?
Un dis-fare, un distruggere!

L'Italia si contraddistingue proprio come Paese di politici e politicanti che parlano come si faceva nella propaganda fascista e che poi agiscono nei loro soli interessi e, anziché occuparsi delle problematiche sociali, costruendo delle soluzioni, passano direttamente alle loro politiche distruttive.
Nel caso della Libia, hanno investito in PR con le dittature e relativi accordi commerciali (a vantaggio di chi?) anziché nelle politiche di accoglienza e integrazione (sapranno che esistono?).
Assicurare la sicurezza, vuol dire per loro dirottare soldi pubblici sulle armi e le forze armate anziché finanziare l'educazione e l'istruzione, le soluzioni sociali.
Persino davanti alle emergenze naturali, tutto si militarizza grazie all'arrivo della Protezione Civile, anziché pensare di evitarle queste emergenze investendo nella ricerca, nello studio, nella programmazione e pianificazione (assetti idrici e geologici, impermeabilizzazione e deforestazione, falde, per citarne alcune).
Idem per le emergenze di gestione, come nel caso dei rifiuti: si manda l'esercito (e si pagano persone, che fanno tutt'altro nella vita, per raccogliere spazzatura da portare nelle discariche a far ammalare altra gente, altre falde, altra terra) anziché lavorare a e finanziare un sistema integrato, sostenibile e ottimale dei rifiuti, coinvolgendo enti locali e popolazione.
E chissà perché le opere di interesse strategico e nazionale (quindi importanti per ogni singolo individuo), anziché essere pensate in modo condiviso e partecipato sono anch'esse militarizzate, dopo essere state imposte: i cantieri come luoghi militari, quasi a dire gli operai con i caschi anti-sommossa.
Nel caso delle proteste, allora si distruggono i manifestanti etichettandoli, criminalizzandoli, delegittimandoli: se non sono agnellini che si fanno incaprettare, allora sono estremisti, sono black bloc, sono "dei centri sociali" (questi luoghi bruttissimi e cattivissimi e malfamatissimi e sporchissimi), sono violenti, dissidenti, terroristi, delinquenti. Senza escludere la presenza di esaltati in manifestazioni così sentite e importanti e pregne di significati e sentimenti maturati in anni ed anni di soprusi e disuguaglianze, qualcuno di questi politici che parlano senza mai essere presenti o di giornalisti che si sono dimenticati che per testimoniare dovrebbero sempre essere presenti, qualcuno di questi individui ha mai pensato che l'indignazione, la rabbia, la stanchezza possano esplodere, a lungo andare, anche in forme non pacifiche ma non meno costruttive rispetto agli interessi della collettività?

Quello che è accaduto in Val di Susa oggi ha rappresentato dal punto di vista del decidere e dell'agire delle Istituzioni questa politica del disfare, del distruggere, anche nei piccoli dettagli, in quegli eventi raccontati solo da chi li ha vissuti direttamente e che non hanno superato il filtro fitto fitto della comunicazione media italiana.
Eppure è così chiaro, così lineare... l'abisso tra il disfare e il fare.
H 08.30 : La valle è militarizzata dalle forze dell'ordine. I manifestanti iniziano a concentrarsi nei punti di raccolta previsti dagli organizzatori.
H 10.53: La polizia tenta di bloccare il corteo di Giaglione. I manifestanti non si arrendono e cercano di aggirare il blocco muovendosi tra i sentieri dei boschi.
H 12.24: La polizia continua il lancio di lacrimogeni sui manifestanti. I manifestanti continuano a resistere al grido :"La Val di Susa non si tocca".
H 14.22: La polizia attacca i manifestanti con i lacrimogeni, idranti e, pare, proiettili di gomma. La natura difende i manifestanti dai fumi: il vento dice "NO TAV" soffiando il gas contro le forze dell' ordine.
H 15.45: La polizia continua ad attaccare i manifestanti con i lacrimogeni e gli idranti. I manifestanti resistono agli idranti, spengono i lacrimogeni e fanno staffette per portare il necessario ai compagni in prima linea.
H 16.45: La polizia avanza con la ruspa. I manifestanti continuano nel loro tentativo di ricostruire il presidio.
H 17.00: Nella zona della baita scoppia un grave incendio a causa del fitto lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell'ordine. I manifestanti cercano di spegnerlo.
H 17.12: La polizia carica, lancia lacrimogeni, usa idranti. La gente non si sposta, RESISTE.
H 17.30: La guardia di Finanza e le altre forze dell'ordine rincorrono i manifestanti dentro al bosco lungo la strada per Ramat. I manifestanti fuggono. E' caccia all'uomo.
La differenza che c'è tra l'ordinare a dei lavoratori chiamati, appunto, "forze dell'ordine" di agire stando sulla difensiva, usando strumenti dissuadenti e altre tattiche militaresche cui possiamo associare innumerevoli eufemismi, e i manifestanti stanchi, indignati, rabbiosi, determinati a riprendersi il loro presidio, i fondi delle loro tende, le zanzare che hanno fatto loro compagnia in settimane, mesi e anni di protesta, la terra in cui vivono, ma soprattutto la loro decisività, la legittimazione del loro ruolo, della loro presenza, del loro potere decisionale su quello che li tocca da vicino.
La differenza tra il decidere senza nemmeno consultare, agire comunque e poi "difendersi" e chi invece decide di tutelare il proprio diritto di cittadinanza. In tutti i modi, se quelli usati fino ad ora non hanno funzionato.

La differenza che c'è tra il disfare facendo e il fare disfacendo.

Io tengo per il secondo.
Io tengo per i NoTav.
Io tengo per chi resiste.


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Fonte delle informazioni sulla manifestazione NoTAV di oggi, 3 luglio 2011:
http://twitter.com/ (#notav, nervi #saldi, #valsusa)