mercoledì 31 agosto 2011

Lettera d'amore


LASPRO | anno II n.5
gen/feb 2010
Addormentarmi con te è stato così facile ieri.
Davvero, non lo immaginavo...
Non l'ho immaginato nemmeno quando mi hanno tessuto le tue lodi, descrivendo il modo silenzioso e rassicurante col quale sai far compagnia.
Soprattutto Marco e Marco. Quanto spesso si saranno ritrovati ad addormentarsi abbracciati con te? Ed io che li prendevo in giro... a volte mi permettevo anche di fare del facile e gretto moralismo. È capitato perfino che mi scandalizzassi!
Lei non vi renderà felice.Vi farà del male. Ma non vi accorgete di come vi state riducendo?!”
E non avevo tutti i torti, tu lo sai. Certo che lo sai! Tu non dai felicità, mia cara, non è questo ciò che sai fare. Tu forse togli tristezza e riempi solitudini, forse. Ma dura poco.
La tua è una terapia blanda e illusoria. Un placebo. Ma quant'è dolce la tua illusione...
Soprattutto quando vieni a far compagnia la notte nelle stanze vuote e vissute come la mia.
Dura finché dura. Al mattino, puntualmente, ci si sveglia e tu non ci sei. Al posto tuo il vuoto che si pensava di aver colmato e una grossa confusione in testa. E nelle fauci, anziché il tuo sapore, resta solo qualcosa di aspro, come una mancanza. Una nuova mancanza. É voglia di te.
Sì, voglia di un'altra notte con te.
Cazzo, sono le undici del mattino, sono sveglia da poco meno di quattro ore e sto già immaginando, anzi pregustando il nostro prossimo incontro. Non sono cotta, non spaventarti.
Tu seduta ai piedi del letto, mentre io, ancora spossata, mi ci sto riposando, sdraiata e in pace col mondo. Ogni tanto allungo il braccio. Mi basta anche solo il semplice contatto fisico per sentirmi meglio. Accarezzarti il collo nudo e sentire i brividi del contatto tra la mia pelle calda e la tua, fredda e ancora imperlata di gocce, mentre dentro ancora fremi. Mi basta toccarti un po' di più e lo sento... fremi.
E allora mi piace sporgermi verso di te, prenderti e appoggiare le mie labbra sulle tue. E riempirmi di te la bocca e i pensieri, cancellando il resto.
Anche se è solo un attimo.
Certo, perché l'attimo seguente la mia voce ti parla ancora di lui, del suo affetto fraterno, della nostra relazione “di base” e del nostro amore, che ora per lui è solo qualcosa di collaterale, aggiuntivo, marginale.
“Tanto siamo stati qualsiasi cosa noi...”
diceva e le mie parole fanno eco dentro di te, che in rispettoso silenzio mi ascolti. Anzi, fai di più. Ti svuoti di te e ti riempi di me, delle mie ansie, delle mie sofferenze, delle mie seghe mentali.
È per questo che prima di gettarti ti richiudo. Perché i miei mali restino tutti dentro te, come fossi un vaso di Pandora.
Invece sei solo la mia quinta birra.



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