martedì 23 luglio 2013

________________Epitaffio per una Legnano rossa _________________ MOLTO SINGOLARE POCO COLLETTIVO

Vivevo a Roma quando Sante mi disse di aver trovato una bici abbandonata.
" Papaaaaaa', ti prego... "
" No, aspetta Sa', guarda che è bella! L'hanno lasciata in campagna, sai, dove stanno quelle discariche abusive... "
" Ma che schifo! "
" Non ti preoccupare, l'ho portata subito a lavare e disinfettare. E' bella, si piega, è rossa... l'ho presa per te."
Le cinque parole magiche: l'ho presa per te.

Qualche settimana dopo una Legnano rossa abbandonata e trovatella era in viaggio da Taranto a Roma. Giunse un caldissimo pomeriggio, al braccio di Sante che la portò fin sul pavimento del mio balcone, all'ottavo piano di un condominio da dove si vedevano solo antenne.
Era bellissima.
Ed era la mia prima bici. La prima bici mia.
Ero passata dalle bici inutilizzate di mio fratello, su cui avevo avuto un tardivo coraggio di provare a salire, alla graziella bianca di nonno Peppo, lascito fisiologico.
Ma mai avevo avuto una bici mia. Certo, non sarei stata la prima ad avere lei, ma l'avevo in quel momento e in quel momento, guardandola, avevo desiderato averla mia fino alla fine.
Era bellissima.
Perfetta.
Datata 1982.
Era bellissima.
Abbandonata e trovatella, salvata da Sante in mezzo alle campagne pugliesi e ora pronta ad affrontare l'Urbe, a dimostrarmi che potevamo raccogliere la sfida di recuperare un rapporto umano con una città invivibile.

La prima volta che ho usato il manico per portarla a braccio fino a largo Orazi e Curiazi avevo una paura adrenalinica che ricordo perfettamente... Balzai sulla sella e mi diressi verso la Caffarella. E lì giunse la prima delegittimazione: "Dove vuoi andare con quella bici senza marce!"... "Ovunque" fu la mia stupida orgogliosa risposta al canuto romano che, passeggiando, s'era imbattuto in una ragazza che risaliva faticosamente i piccoli pendii del parco.
Ma così fu. Fu ovunque. L'ovunque per me.

La Legnano mi portava in quindici minuti da Marco, che è un terzo del tempo che ci impiegavo in metro. La prima volta che ho percorso via Cilicia per andare da lui, ho avuto molta paura. Mi fermai poco prima del curvone per raccogliere le forze. Il coraggio me lo diede il sorriso di quel signore in bici, con la polo a righe e gli occhiali con le lenti transitions: mi salutò con un cenno della testa tonda e calva e un gran sorriso. Mi sentii parte di una comunità, una piccola comunità di coraggiosi in bici. Ed quel coraggio collettivo e condiviso mi spinse lungo quella brutta strada una, due, tre, decine di volte.
La Legnano mi portava a casa Messina, senza vergognarsi della sua guidatrice vestita di imbarazzanti accessori catarinfrangenti che fecero ridere tantissimo perfino Pedro, il mio dog-terapeuta.
La Legnano mi ha fatto conoscere le ciclofficine fino in fondo, mi ha fatto sporcare le mani di grasso, imparare a cambiare i freni, riparare una camera d'aria, mi ha fatto lavare le mani in mezzo ad altre decine di mani, mi ha fatto sentire l'emozione di vedere dei ragazzini che insegnavano agli adulti come smontare e rimontare una bici intera.
La Legnano m'ha accompagnato sull'Appia Antica. La Legnano mi portò una volta al mare a Santa Marinella con il noto poeta. La Legnano stava accanto a me in piazza mmmerda, o durante i concerti estivi al Verano, o alla festa democratica a Terme di Caracalla, o sui sanpietrini a Trastevere.
Ed era generosa, eravamo generose.
La fontana in mezzo a piazza Santa Maria in Trastevere ci ha viste girare almeno tre volte con il Nero che guidava e me ed Angelo arrampicati sulle sue piccole ruote da 24. E s'è fatta mettere le mani addosso da quel molesto ubriacone di Pio, che le ha lasciato un segno indelebile... direi un orgoglio "forato".
La Legnano mi ha riaccompagnata completamente ubriaca dall'ex-mattatoio, dove'ero con la mia amica immaginaria. Un sempre-amico e un nonancora-nonpiù-amante mi inseguirono fino al semaforo di Piramide per convincermi a desistere, ma nulla mi avrebbe convinta a rinunciare ad un meraviglioso viaggio in Legnano fino all'Appio Tuscolano, godendo del vento in faccia in una serata calda di ancora-estate.
La Legnano mi ha accompagnata in piazza del Popolo per il primo "Se non ora quando", mentre un ragazzotto, assolutamente non pronto alle mie parole, leggeva il mio intervento al "Se non ora quando" di Carosino, in mezzo alla piazza, dove la parola "menne" ancora rimbomba nella vasca della fontana del settecento.
La Legnano mi ha accompagnata alla manifestazione del 15 ottobre e insieme siamo fuggite dalle cariche della polizia, insieme abbiamo girato attorno a piazza San Giovanni inaccessibile e incendiata, aggirando il quartiere fino ad arrivare in via Appia Nuova, tra i cassonetti bruciati e le piccole squadre di ragazzini vestiti di nero, con caschi neri, mazze nere, bottiglie nere, menti nere, che ci passavano accanto e ferivano la nostra città, il nostro quartiere e noi piangevano e Anna mi chiamava preoccupata e MaiLo mi inviava aggiornamenti sul mai funzionante Blackberry.
La Legnano mi ha accompagnata alle riunioni collettive davanti a Santa Croce in Gerusalemme, dove con la Vale ci chiedevamo che cazzo ci facevamo lì e come cazzo pensavano quei giovani seduti in cerchio sul prato di cambiare il mondo scuotendo le mani in stile alleluja-dei-boyscout.
La Legnano mi ha regalato l'anno più bello della mia vita romana, mi ha fatto alzare lo sguardo e scoprire la bellezza dei palazzi del mio quartiere, mi ha fatto scoprire strade nuove, marciapiedi sconnessi, mi ha fatta insultare dai pedoni e minacciare dagli automobilisti, mi ha fatto recuperare l'umanità di quella non-città che ho amato ed odiato per dodici anni della mia vita.

Non son stata capace di trattenerla a me.
Me l'hanno rubata, a Pisa, il 10 luglio 2013.
Pace all'anima sua.



1 commento:

SdR ha detto...

La Legnano mi ha portata in giro con una enorme sfera, da piazza Navona alla sua liberazione in mezzo a sguardi poco curiosi e abituati a tutto nella metropoli romana
https://www.facebook.com/photo.php?v=3243848459167&set=vb.1355539529&type=3&theater